ADIGEMARATHON


L’Adigemarathon è l’orologio del mio tempo, segna la mia vita ed è la fotografia dell’amore per la canoa.

10 anni fa, giusto dopo le olimpiadi di Atene, con Franco Conforti, Alviano Mesaroli e Bruno Panziera avevamo un sogno in comune, quello cioè di dare vita ad una manifestazione che radunasse un po’ tutte le realtà della canoa. Una sorta di festa della pagaia a fine stagione prima del grande freddo e prima che l’acqua abbandonasse il nostro fiume in attesa del nuovo disgelo. Coinvolgere i due canoa Club, Verona e Pescantina, non ci volle molto visto l’entusiasmo che da sempre  anima queste due associazioni sportive per condividere con tutti le emozioni di pagaiare sull’amato Adige. La Federazione Italiana Canoa Kayak, a quel tempo con presidente Conforti, fu particolarmente sensibile per questa iniziativa, poi la Federazione Canoa Turistica fece il resto e riscoprimmo la sincera amicizia con un personaggio mitico e unico come Arcangelo Pirovano.
Nasceva  quindi da un sogno una manifestazione che tutt’oggi è un sogno e che negli anni è cresciuta in maniera esponenziale grazie soprattutto ai tanti volontari che animano  da sempre questo momento dedicato ai canoisti di tutta Europa e non solo. 

Io ho tanti flash personali di queste nove edizioni vissute intensamente sempre con la mia famiglia.  Nel 2004 faticai a tenere il piccolo Zeno fuori dall’acqua, quell’anno aveva solo 10 anni, ma era già sceso dal canale olimpico di Atene e avrebbe voluto prendere il via, cosa che fece l’anno successivo con una canoa da discesa gigantesca per le sue dimensioni. Partì da Dolcè a tutta davanti alle centinaia di canoe che coloravano l’Adige e non si fermò fino a Pescantina. Per lui si trattava comunque di una gara e non di una passeggiata turistica. Saltò tutti i ristori e all’arrivo la mamma lo raccolse sfinito. Io seguì la scena e mi commossi, ma dovevo continuare il mio lavoro di speaker.  Avrei voluto andare da lui e abbracciarlo perché mi aveva riportato indietro nel tempo, quando cioè da piccolo come lui avevo preso la via dello spirito dell'acqua che corre.
Nel 2006 non c’era più tempo per lui di dedicarsi al piacere della discesa perché iniziò a lavorare nell’organizzazione in acqua per la sicurezza e per portare poi a valle i gommoni. Necessitavamo di guide. Lui era ancora giovane, ma già allora si nutriva di canoa, fiumi, canali, porte da slalom e sogni competitivi. L’esperienza non gli mancava per la marathona e lavorando si impara.  Io me lo ricordo piccolo, piccolo, con un salvagente giallo a corpetto e un casco da ciclista verde acqua. Poi fermo alla rapida sotto il ponte dell’autostrada e poi ancora a incitare i compagni sul gommone. Ritornava a casa raccolto dalla mamma, mentre io mi fermavo a smontare i tendoni e a mangiare la pizza con chi aveva lavorato fino all’ultimo. 

Su fratello nel 2006 aveva 9 anni e scese in C1 da Dolcè cosa che ripeté l’anno successivo, quindi nel 2008 e 2009 in indiana con Carlo Benciolini e poi una edizione in C2  con il suo amico Michele. All'arrivo nel 2006 sempre sua mamma dovette tirarlo fuori dalla canoa, non riusciva più a stare in piedi. Passò le ore successive a massaggiargli le gambe prima che potesse rimettersi eretto per camminare da solo. Una vero e proprio sacrificio per non essere da meno del fratello. Dal 2011 ha iniziato anche lui a servire la nostra manifestazione come guida di rafting. Da quest’anno prima di fare la guida sarà in acqua per fare sicurezza.  Poi c’è Amur che nei primi anni della marathona seguiva i figli, chi in acqua, chi ancora fra le sue braccia. Poi il suo ruolo in segreteria al sabato e poi la domenica alla partenza amatori. Insomma tutti coinvolti presi dalla voglia di condividere emozioni e piacere. 

Chiudo gli occhi e vedo Erminio a dirigere le sue donne in cucina, lo vedo correre da me al microfono per ricordarmi di dire che la cucina è aperta. Poi quella sfilza di risultati che aggiorno di secondo in secondo grazie al lavoro di Andrè della Siwidata che ormai è diventato parte integrante ed insostituibile della nostra gara, che è anche diventata sua. Mi vedo pensieroso e aspetto la telefonata di Carlo Alberto che mi aggiorna sul passaggio degli atleti a Santa Lucia. 
C’era quel momento magico a Borghetto d’Avio quando il buon Borghetti mi aspettava tra la nebbioina che saliva dal fiume per consegnarmi la pistola che avrebbe dato il via alla gara e mi faceva tutte le raccomandazioni del caso.
Quella corsa verso l’isola di Dolcè per immergermi nel vero spirito di questa manifestazione.  Due parole al microfono con il l’amico e collega Maurizio, due parole anche con Ivano che coordinava le partenze con i gommoni. Lui mi sorrideva e mi diceva :"vai tranquillo qui tutto ok, ci pensiamo noi". Poi via verso Pescantina dove ad aspettarmi Stefano e il suo staff della RST Service, mi microfonavano e iniziava la festa grazie alla loro grande professionalità.
Le premiazioni con lo sguardo che cercava Alviano. La sua presenza in piazza significava che tutto era andato bene e che potevamo considerare chiusa la parte in acqua della manifestazione. Poi vedevo Massimo Ugolini salutarmi sbracciandosi e facendomi segno che scappava via per mandare i comunicati stampa che i colleghi delle tante redazioni stavano aspettando.
Gli abbracci, i baci, le strette di mano, le parole di amici, canoisti, conoscenti e non tra una parola e l’altra detta al microfono, prima di iniziare a smontare l’infinità di tendoni che coprono la zona arrivo per la mostra mercato. Chicco, Vladi, Leone, Ennio, Carlo, Giorgio, Spagna, Filo, Teo con loro fino all’ultimo palo da caricare sul camion, sporchi, impolverati, stanchi, ma tutti enormemente felici.

C’era poi quell’ultimo sguardo con Bruno prima di prendere la via di casa per dirci: è finita! 

Mi mancherà tutto questo e per me domani non sarà facile rimanere concentrato su un altro importantissimo lavoro che sono stato chiamato a fare e al qualche non ho potuto rinunciare.  A tutti però va il mio più sentito grazie e il mio più forte e amorevole ... occhio all’onda! 

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