Pagaia un neurone da sfruttare



Ci sono momenti in cui basta salire in canoa e la vita ti sorride anche se piove a dirotto, anche se vivi una lontananza che non vorresti ci fosse. La canoa ti avvolge, ti fa star bene, ti parla di lei e ti fa sorridere, poi il resto viene da solo seguendo la musica e il ritmo dell’acqua. 

Oggi tecnica di base e cioè pagaiata. Ho insistito con i miei atleti sul fatto che tutto nello slalom ruota attorno alla propulsione. Le altre manovre sono complementari all’azione principale che è per l’appunto la pagaiata. Abbiamo iniziato a riscaldarci a secco. La cosa la ritengo necessaria anche se per la verità  qui non ci sono problemi di freddo e si può tranquillamente iniziare a pagaiare direttamente per riscaldarsi. Qualche esercizio a terra  però aiuta a mettersi in moto nel miglior modo possibile. 

In acqua solitamente non si presta molta attenzione a pagaiare bene. Lo si fa con troppa abitudine e molte volte senza dare peso alla stessa azione. Non ci si concentra  ad apprezzare il gesto in sé e soprattutto non si riesce, molte volte, a raccogliere la profondità e il recondito significato introspettivo dell’azione. 
Per i primi 15 minuti ho lasciato libero il gruppo e ho iniziato a pagaiare sul lago che si forma all’arrivo del canale.  Alcuni di loro dopo qualche minuto hanno iniziato a piantare la coda o a fare altre manovre, alcuni a parlare e soprattuto a non dare considerazione e valore alla proposta che avevo fatto: pagaiate 10 minuti. Io ero curioso di capire come interpretavano questa mio suggerimento. Guille, il mio collega allenatore, anche lui in acqua ha pagaiato concentrato in questa azione.  Finito il tempo prestabilito sono stato più preciso  nel dare i vari lavori da fare. Uno tra questi  è stato quello di entrare nel filone di corrente a fine canale solo pagaiando, senza cioè usare il Duffek per entrare in corrente dalla zona di morta. L’idea suggerita era cercare di cambiare solo l’angolo del braccio di spinta per salire sopra la corrente e rimettersi in linea verso valle. Prima da un lato poi dall’altro. Alla fine incrociando lato, disegnando cioè un otto in acqua. Sempre e solo usando la pagaiata di propulsione. 

Da qui parte lo slalom, da questa azione  basica e fantastica che ti permette di muoverti sull’acqua. 

Poi siamo andati sul canale e lo abbiamo disceso più volte solo pagaiando poiché non erano ammesse altre manovre. Qui sono intervenute una serie di problematiche che ovviamente hanno influenzato il modo con cui bisognava approcciarsi ad ogni pagaiata. Quindi l’inclinazione della barca, le linee d’acqua da seguire, i riccioli su cui saltare, la posizione del corpo, diventano elementi che devono essere analizzati nella loro individualità e devono essere affrontati con proposte diverse di pagaiata, ma sempre nella centralità di questo gesto. Si deve  mantenere  però chiaro il concetto legato alla propulsione per avanzare e per far rendere al massimo ogni colpo  inserito nell’acqua e non dare priorità ad altre manovre che io vedo solo come rimedi a una pagaiata che non ha reso come avrebbe dovuto. 

Altro punto fondamentale è capire dove e quando inserire la pala in acqua per spingere la propria canoa. Ogni azione da far fare alla propria canoa, legata al tracciato, deve avere come riferimento principale l’azione propulsiva e di scivolamento dello scafo. Più la pala rimane in acqua e più diventerà il nostro diretto interlocutore con la stessa. La pala è una sensibilissima antenna che ci trasmette dati ed informazioni direttamente al nostro meccanismo propriocettivo. La definirei la terminazione nervosa che da inizio al processo neurofisiologico per trovare le risposte alle nostre necessità. Una sorta di neurone in più a nostra disposizione. 
Durante l’allenamento, sotto la pioggia, non ho mai fatto correzioni ho solo suggerito di volta in volta di prestare attenzione alle varie problematiche che ho elencato sopra.  

Ero partito per approfondire le osservazioni dell’amico di pagaia  Sirio Cividino sul post relativo alle “riflessioni sui campionati del mondo di slalom numero 3”. Ha toccato punti molto interessanti con  acute e intelligenti  approfondimenti, ma non potrebbe essere diversamente vista l’etimologia del suo nome. Magari domani tra un allenamento e l’altro vediamo di approfondire il tutto... per oggi accontentatevi di questo perché quando le cose vengono di getto devono esser colte subito altrimenti rischiano di perdersi fra la corrente o essere dimenticate dietro ad un sasso.

Occhio all’onda! 

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