Si torna in Australia


Se volate con New Zeland Airlines vi accorgerete che gli stewards sono particolarmente simpatici, mentre le hostess sono piuttosto robustelle. Si vola comunque bene e mi accorgo che in volo non rifiuto nessun tipo di cibo. Passassero cento volte ritirerei tutto pur sapendo che la qualità del vettovagliamento non è delle più prelibate anche se, devo dire, si apprezza comunque. Sarà la gentilezza di chi ti serve, sarà l’altitudine, qualche cosa sarà, ma la fame è sempre tanta. Il volo non è lungo per rientrare a Sydney, dove ci si fermerà fino al prossimo 8 marzo, c’è giusto il tempo per riflettere e, a stomaco pieno, ma questo si era capito, si ragiona meglio! La Nuova Zelanda ci ha offerto un periodo di allenamento interessante interrompendo la monotonia degli allenamenti sul canale che, purtroppo, hanno di negativo che sono segnati non con i minuti, ma con i secondi! Pagaiare tra correnti formate dal defluire naturale dell’acqua… scusate è venuta così perché pensavo a quel qualcuno che si chiede chi sia quel poeta che scrive di canoa! Riscrivo la riflessione. I fiumi naturali ci hanno fatto ritrovare la gioia e l’energia che ci arriva dal piacere di pagaiare per pagaiare, senza patemi d’animo, senza l’assillo dell’orologio che non dà tregua, senza la paura che finisca l’ora che troppo spesso passa troppo velocemente per uscire soddisfatti e appagati da quello specifico allenamento e non ti concede recuperi se non nella sessione successiva o il giorno dopo. Il vantaggio di poco meno di 20 giorni di allenamento nel paese dei “kiwi” è stato proprio il fatto di non avere limitazioni di orario per affrontare e proporre lavori ad ampio respiro, curando il particolare, ricercando sensazioni e approfondendo l’aspetto propriocettivo. I paesaggi e la tranquillità di tutto ciò che ci circondava hanno fatto il resto. Se a tutto ciò poi ci si aggiunge una temperatura di 22 – 25 gradi si capisce che condizioni migliori non ci potevano essere per sfruttare al meglio questa trasferta. La mente, oltre al fisico, ha bisogno di nuovi paesaggi, di nuovi stimoli e di emozioni sempre forti.
Le parole in cuffia del comandante che annunciano l’arrivo in perfetto orario, mi riportano in volo e mi fanno abbandonare le riflessioni che viceversa riprenderò per scriverle sul diario di allenamento che custodisco e aggiorno con molto scrupolo. Sono vicino al finestrino e il monitor di fronte a me mi tiene aggiornato su ogni dettaglio: altezza, velocità, temperatura esterna, direzione del vento alternando il tutto con le immagini della visione della pista dalla prospettiva della cabina di pilotaggio. Mi immedesimo così tanto che probabilmente sto giro l’aeromobile lo riporto a terra io… e direi in maniera impeccabile!
Il resto è routine di sempre: arrivo, compilazione di un modulo dove dichiari di non essere un criminale, che non hai bombe nel bagagliaio e che non pensi eventualmente di utilizzarne, che non ti droghi, che non hai fatto furti o omicidi negli ultimi 12 mesi e che non starnutisci dalla guerra di indipendenza, se fosse il contrario ti rispediscono da dove sei venuto. Dogana, ritiro bagagli, domande sul bagaglio e quarantena, uscita dalla zona franca, noleggio auto, carica canoe e baglio, prendi la M5, poi la M7 per passare alla fine sulla M4, esci a Penrith Wild Water Centre, arrivi a casa e finalmente ti lanci nel letto.

Di canoa… se ne riparlerà già domani!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi – Penrith Australia 9 febbraio 2010 – Traning camp and race

Commenti

Post più popolari