Una pagaiata Zen
La prima cosa che faccio quando sbarco a Roma Fiumicino è prendermi un cappuccino con il classico cornetto. Ma quanto è buona la bevanda calda fatta al bar con quella schiuma che ha la giusta consistenza? Ti rendi conto di tanta grazia, ancora prima che con il palato, quando affondi il cucchiaino nella tazza: scende lentamente e sparisce in quel bianco macchiato dal colore del caffè e in quel momento sai che da lì ad un attimo il piacere sarà assicurato e garantito. Se ci si mette poi il fatto che era tempo che non bevevo un cappuccino ti rendi conto di apprezzarlo ancora di più! Tralascio il piacere del cornetto che, d’obbligo, accompagna il tutto. Detto questo ho avuto modo, nelle undici ore di volo che separano Rio da Roma, a riflettere su alcuni allenamenti fatti in questo ultimo mese di preparazione. Mi sono piaciuti i lavori di tecnica e specialmente quello dell’altro giorno sull’ultima parte del canale. A chi non conosce il campo olimpico di Rio forse non è chiaro che cosa c’è sull’ultima vasca di questo percorso e non comprende benissimo le difficoltà che si possono trovare. Riassumendo diciamo che ci sono due grossi buchi e una sorta di esse tra onde e corrente veloce. Quindi quando voglio mettere in difficoltà i miei atleti e spingerli al massimo uso questa parte del tracciato per farli allenare sulla reattività e sulla capacità di risolvere imprevisti, perché i ritorni di acqua sono importanti e il deflusso è caratterizzato da un costante sali e scendi dell’elemento liquido che non ti permette mai di abbassare la guardia. Ho usato parecchio tempo per cercare di far passare un messaggio che, secondo me, caratterizza una performance, o meglio, caratterizza ogni discesa. Ho detto loro che devono essere sempre pronti a cambiare i progetti che si sono prefissati e preparati a secco guardando il tracciato. Non sempre, quando si è in acqua, si verifica ciò che avevamo pensato e in un certo senso sperato. La reazione e quindi l’azione deve essere la risposta istintiva e immediata ad un messaggio che riceviamo dall’acqua nel momento in cui ci siamo sopra o meglio: la reazione arriva da come un attimo prima interpretiamo quello che ci aspetterà un attimo dopo. Detta così sembra facile da fare, ma applicata nel momento la cosa diventa complessa ed impegnativa. In queste situazioni dobbiamo sfruttare tutti gli indicatori in nostro possesso, dobbiamo mettere al lavoro tutti nostri esterocettori che, attraverso la canoa e la pagaia, ci permettono di avere indicazioni e dati per mettere in azione la risposta giusta ad una determinata richiesta. Ecco che la canoa e la pagaia diventano i due strumenti operativi principi per ricevere e risolvere una determinata azione. Tanto più si riuscirà a mantenere in equilibrio la barca con l’ausilio del nostro core e il peso corporeo, tanto più l’azione messa in essere sarà efficace e in questo caso con la pala il più possibile in acqua per direzionare al meglio il nostro scafo. Alla fine, su quella combinazione ci abbiamo passato più di qualche ora, ripetendo e ripetendo ancora gesti che piano piano andavano ad essere sempre più fini e precisi: i colpi diminuivano, ma l’efficacia della singola pagaiata prendeva di volta in volta sempre maggior efficacia. Ecco la sintesi di tutto il lavoro è proprio questa: spesso e volentieri non abbiamo gli spazi e il tempo per risolvere determinate combinazioni con una infinità di colpi, c’è solo il tempo per un colpo che diventa fondamentale. Un colpo vale una vita come la filosofia Zen ci insegna.
Occhio all'onda !
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