La scelta della canoa da slalom


È incredibile come gli interventi e il confronto possano aprire la mente e rimettere sul tavolo l’oggetto dell’intervento. Io per mia natura spesso e volentieri rimetto in discussione molti aspetti, mi piace scoprire e rivedere cento volte magari le stesse problematiche, che di volta in volta cambiano e si evolvono. Cerco poi la soluzione oggettiva (che spesso e volentieri non è facile da trovare) del problema affidandomi allo studio della statistica che mi affascina e a volte appaga la mia curiosità portandomi concretamente dati da prendere sempre con le pinze. Confrontando queste informazioni verrebbe facile rispondere al mitico Claudio Rufa (quand’è che riusciremo ad organizzare una viaggio con le nostre spettacolari canoe da mare? Scusate è un messaggio privato che mi è scappato) quando sostiene che per ogni tracciato servirebbe una canoa specifica. Se pur pensandola come lui la statistica mi dice che non è così e cioè che chi vince su tracciati impegnativi vince anche sull’acqua completamente ferma utilizzando lo stesso mezzo. L’esempio più eclatante è quello di Peter Kauzer, verificatelo guardando le classifiche di Tacen con la gara di tre giorni prima sul parallelo di Lubjana. Spettacolare perché questi risultati mettono in discussione tutto e tutti.
Gli interventi mi hanno incuriosito molto – è questa sicuramente l’arma migliore per un allenatore e per l’uomo in generale - e hanno evidenziato delle necessità di conoscere, di sapere, di parlare, di confrontarsi e approfondire argomenti che molte volte sono tabù o che si intrecciano con interessi economici.
Molto spesso una canoa che può andare bene per un atleta non va bene per altri slalomisti, molto spesso la canoa del campione non si adatta al giovane o allo slalomista di medio livello. Sono esigenze diverse. Se due atleti dopo aver provato uno scafo dicono la stessa cosa non diventa un dato di fatto – come sostiene Super Cali – ma è semplicemente un parere oggettivo per loro due e rimane soggettivo per il resto del mondo. Viceversa quando si scrive che una barca è nervosa e la sua caratteristica maggiore è la dinamicità rimane un parere soggettivo di chi mette nero su bianco.
L’altro enorme problema diventa la comunicazione visto che comunicare è facile, mentre farsi capire è un’impresa. Quest’ossimoro lo diciamo spesso anche quando si sostiene che una canoa è veloce e gira bene: o è veloce o gira bene, ma si dice! Dobbiamo allora capire quello che si vuole esprimere e soprattutto quello che vogliamo da una canoa. È per questo motivo che per la scelta di un mezzo parto da una serie di principi: il primo in assoluto è capire per chi è quella canoa. Una volta individuato il soggetto distinguo tra i giovani, tra chi pagaia per divertimento e tra gli atleti di livello.

Nei primi due casi considero predominanti questi tre aspetti:

- la canoa deve offrire il massimo equilibrio
- deve girare con facilità
- deve dare delle sensazioni positive fin dalla prima pagaiata

Ed è presto detto perché! Se la canoa offre equilibro ed è ben bilanciata mette lo slalomista nella condizione di massima tranquillità. Solo in questo stato positivo potrà addentrarsi nelle problematiche specifiche dello slalom. Se gira con facilità potrà apprendere velocemente le manovre e se ha sensazioni positive fin dall’inizio la sua motivazione sarà molto alta per superare poi le difficoltà che via via incontrerà.

Questo è palese nei giovanissimi che molte volte pagaiano con mezzi e strumenti decisamente inadeguati. Io ho cercato sempre di mettere i miei ragazzi nelle migliori condizioni possibili per i materiali, non tanto sotto l’aspetto estetico o costruttivo, ma soprattutto in relazione alle loro dimensioni corporali.

Questi principi viceversa cambiano se a guidare quella canoa è un atleta di livello: molte volte, a parità tecnico-fisica-psicologica-motivazionale, la canoa può diventare l’elemento in più. Come ho già scritto nella terza parte: …”se il campione cerca un buon compromesso non sempre questa opzione lascia soddisfatti i palati più esigenti. Forse nella canoa come nella vita i compromessi non portano lontano, lasciano l’uomo tranquillo sollevandolo dal peso di una scelta drastica che però può rivelarsi a volte l’arma vincente”.
Prendete per esempio Fabien Lefevre che in quest’anno appena finito sembrava un’anima in pena per la canoa. Era partito con l’”Ark” di Zig-Zag – suo grande collaboratore – poi nel pieno della stagione in una notte di mezza estate dorme male. Al risveglio salta in canoa e passa praticamente un’intere giornata a provare kayak diversi sul canale di Augsburg. Alla fine decide di presentarsi ai mondiali sulla “Ego” di Vajda. Io ritengo che questa sia stata alla fine una scelta coraggiosa senza paura di mettersi in discussione eppure lui di certezze sicuramente ne aveva con la vecchia canoa.
Come ritengo che sia stata una scelta coraggiosa, in senso opposto, quella di Molmenti nel presentarsi ai mondiali con il vecchio modello e senza, per forza di cose, aver usato la nuova versione che non sempre soddisfa le attese.
Giusto per essere coerente con quanto mi è stato osservato, dirò che la canoa di Guille è stata adattata al suo peso e alle sue esigenze. Su questo con lui avevamo lavorato a lungo prima di trovare la versione finale. Per quello che riguarda Jasmin, posso dire tranquillamente che è un’atleta di alto livello con grande dinamicità nella sua azione e restando a quello che lei stessa mi ha fatto osservare sulla canoa posso riportare che questa è stata ridimensionata con le sue richieste, se poi queste coincidono con quelle della canoa di Molmenti è un altro affare.
Sempre l’amico Rufa introduce un altro importante punto: l’assetto in canoa. In effetti spostare avanti o indietro il seggiolino anche di un solo centimetro può fare cambiare molti aspetti. Tant’è che a volte ti sembra di pagaiare su una canoa completamente diversa. Si deduce quindi che la corretta posizione del sedile va vista in ogni singolo caso, tante volte prima di cambiare il mezzo vale la pena provare… per credere!

Altro argomento che mi prende sono le pagaie, come ci suggerisce Gianluca, per non parlare delle canoe da discesa come il buon Luca Panziera vorrebbe. Ma si sa abbiamo più tempo che vita e quindi prima o poi ci addentreremo anche in questi magici mondi.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

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