Sono i grandi risultati a darci il termometro dello sport?
A riportarmi a casa questo giro ci ha pensato Arrigo Sacchi o meglio l’Airbus A330-900 di Ita Airways a lui dedicato che da Rio vola diretto su Roma. Usualmente uso questa tratta perché è diretta: si parte nel primo pomeriggio e si sbarca, dopo circa 10 ore e mezzo di volo, alle 6 della mattina in Italia. Appena prendo posto a sedere la prima cosa che mi viene in mente o meglio la prima cosa di cui mi viene voglia è un cappuccino con il cornetto che, appena arrivato nella capitale, mi gusterò prima di salire su un freccia rossa per andare a riabbracciare i miei cari e vivere una ventina di giorni intensamente. Si è concluso un ciclo di allenamento preparatorio di sei settimane molto particolare, che ha riportato in barca Ana Satila, che, dopo i mondiali, ha dovuto subire una operazione per risolvere alcuni problemi di antica data. Ora ci saranno due settimane e mezzo di mantenimento basico dell’allenamento per poi riprendere a metà gennaio con una preparazione decisamente più intensa che mira a creare le fondamenta per arrivare al primo ciclo di gare importanti che saranno quelle di fine maggio, quando cioè gareggeremo per le prime tre gare di Coppa del Mondo in Europa.
Detto ciò mi piace condividere alcune impressioni che ho avuto leggendo una recentissima intervista (che trovate in fondo a questo post) al numero uno del Coni e cioè il nostro amato ex presidente della Fick, Luciano Buonfiglio. Sono rimasto sorpreso, o meglio, comunque un po’ me lo aspettavo, visto che era così anche per la canoa, laddove dice: ”i risultati di prestigio ottenuti in campo internazionale rappresentano il metro di riferimento più attendibile per valutare l’attuale stato di salute del movimento …” che, a detta di Buonfiglio, gode di ottima salute. Per me non si può partire dai risultati di prestigio internazionali per capire lo stato in cui si trova lo sport di una nazione, ma , per valutare il movimento sportivo nel suo complesso, è soprattutto importante capire come e da dove arrivano questi risultati. Per capirci meglio: i risultati si possono ottenere seguendo due strade: la prima è la casualità, quindi il talento che emerge, la seconda è una programmazione a lungo termine, quindi una crescita consapevole e ben articolata. Sappiamo bene la strada percorsa dalla canoa italiana in pratica da oltre un ventennio.
Mettendo a confronto ad esempio lo sport in Francia e in Italia ci rendiamo subito conto di molte sostanziali differenze.
Nel nostro Paese lo sport è coordinato dal Coni che supervisiona le federazioni sportive nazionali, anche se dal 2023 esiste anche il Dipartimento per lo Sport, sotto la Presidenza del Consiglio. Da sottolineare anche la presenza di Enti di Promozione Sportiva (UISP, CSI, etc.) che spesso sono legati ad attività amatoriali. In Francia la struttura è centralizzata sotto il Ministero dello Sport e ha una forte presenza nella scuola con il UNSS (Unione sportive scolorires). L’Istat ci dice che il 30/35% degli italiani praticano regolarmente sport, i cugini d’oltralpe arrivano al 50%, con una fortissima presenza dello sport nella scuola e con una partecipazione femminile massiccia. I finanziamenti da noi arrivano da fondi pubblici tramite Coni, Sport e Salute S.p.a. , Regioni e Comuni: da loro investimenti pubblici maggiori e strategici, gli stessi Club ricevono fondi statali e comunali con continuità e con lo sport scolastico ed universitario finanziato in maniera importante. Il punto forte per i francesi è la scuola dove lo sport è strutturato con attività pomeridiane obbligatorie ben organizzate. Rimane un altro aspetto fondamentale che ci differenzia ed è la formazione dei tecnici. Dov’è la vera forza di un progetto se non nelle persone preparate e motivate? I tecnici dello sport francese escono da una vita sportiva da atleta, normalmente di alto livello, alla quale si affianca una preparazione universitaria agevolata nel periodo della loro vita da agonista. Una volta terminata questa prima loro fase, viene loro offerta la possibilità di mettere a frutto l’esperienza di atleta con la formazione acquisita, operando nei vari centri sportivi specifici per lo sport dislocati sul territorio e da lì nelle squadre nazionali. La Francia in sintesi ha un sistema integrato e strategico più centralizzato e con un fortissimo legame con la scuola e con i suoi operatori, che diventano il fulcro dello sviluppo. Inutile dirvi invece che fine fanno la maggior parte degli atleti dopo la loro carriera agonistica... lo sappiamo molto bene!
C’è un altro punto che mi è difficile capire quando cioè Buonfiglio parla di Commissioni che sono “…ognuna afferente a un preciso ambito di riferimento e composte da gruppi di lavoro misti, proprio per favorire il coinvolgimento collettivo e coordinare tutte le attività all’interno del sistema”. Sono previste più di 20 Commissioni, ma ce ne sarà una che si occuperà di Sport nel vero senso della parola? e soprattutto si capirà che bisogna cambiare rotta formando tecnici e mettendoli nella condizione di lavorare, o si continuerà a girare attorno al problema?
Occhio all'onda !

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