È LA MENTE CHE GUIDA I MUSCOLI O È IL CONTRARIO?




Lo spunto di questa riflessione arriva da una cena che si è svolta nella mia casa veronese a cui avrei voluto partecipare curioso ed interessato agli argomenti di conversazione che ne sarebbero nati degustando il buon cibo che Amur aveva preparato. Di facile intuizione il tema, vista la  comune passione dei commensali per il tango, connessi per di più dal loro lavoro di insegnanti: chi specificatamente di danza chi in altri ambiti nella scuola,  ma tutti docenti che hanno maturato in tanti anni di lavoro una certa esperienza in materia di apprendimento. Tra un convenevole e un bicchiere di vino si è arrivati al tema clou della serata e cioè quello che l’UNESCO ha definito patrimonio culturale immateriale dell’umanità,  o meglio ancora,  l’evoluzione che questa danza ha avuto  negli anni. Si parlava di come meglio approcciare i neofiti al tango, quindi didattica dell’insegnamento, materia che da sempre mi interessa, legata successivamente a come far progredire l’allievo fino a far sì che lo stesso allievo, nel mio caso atleta, si evolva e quella pratica diventi espressione di se stesso.  Secondo me il processo e lo scopo dell’insegnamento diventa proprio questo e cioè rendere le persone curiose di se stessi su quel determinato tema, al fine di riuscire ad esprimere tutto il potenziale che ognuno di noi ha dentro di sé. In pratica, quando il tango diventa integrante ed espressione della propria personalità, nel mio caso quando il pagaiare o il muoversi sull’acqua con una canoa assume l’identità della tua anima, lo scopo è raggiunto. Quindi a quel punto l’insegnante, l’allenatore fa un passo indietro e lascia l’allievo, l’atleta libero di muoversi come la sua  memoria muscolare lo guida nello spazio e nell’acqua. Non guidati dalla mente e dal ragionamento, ma appunto da gesti e movimenti diretti dal nostro corpo, invertiamo cioè i ruoli: il corpo insegna alla mente! Solo così, secondo me, non diventiamo fotocopie, belle o brutte, del nostro insegnante o allenatore, ma nasciamo a nuova vita e a nuovi stili che possono regalarci e regalare grandi emozioni.


In tutto questo c’è un se e un ma! Meglio,  il dilemma di sempre è: come arrivare a tale sublimazione del movimento, oppure,  come arrivare al risultato massimo per una atleta? Quale deve essere la forma di insegnamento per arrivare a ciò? Ed è qui che nasce il contraddittorio, dove c’è chi esalta l’apprendimento tecnico fine a se stesso e chi, viceversa, a quell’apprendimento tecnico ci arriva seguendo, nel caso del tango, la musica, nel caso della canoa, la corrente. È innegabile che la musica in ognuno di noi esercita un certo potere che ci può lasciare indifferenti, ci può far muovere, ci fa esprimere, ci può regalare emozioni. La stessa cosa la possiamo trasferire a chi invece pagaia tra le porte dello slalom.  Una cosa è certa: nel caso in cui a muovere la macchina umana è la musica o la corrente l’effetto è devastante, cosa che non accade a chi invece si muove con ragionamenti e tecnicismi. I primi creano i secondi eseguono. I primi regalano emozioni, i secondi sono buoni esecutori. Certo non si può prescindere dallo scopo principale che  presume un linguaggio comune di “comunicazione” tra ballerino e ballerina,  o tra canoista e canoa,  la cosa in comune è che comunque il lavoro e l’impegno è fondamentale per tutti. 


C’è un altro fatto che mi ha sempre incuriosito ed è quello che chi ha stravolto i principi dello sport o della danza, ottenendo grandi successi personali, difficilmente è diventato un grande allenatore o un eletto insegnante. Il motivo è molto semplice, perché chi è arrivato lì non ha seguito una logica o una formula matematica, il gioco sarebbe stato troppo semplice, ma ha semplicemente seguito un istinto che arriva dal proprio DNA, cosa non trasferibile in copia ad altri con differenti caratteristiche; questo per dire che  tutti noi dobbiamo avere una sola grande fortuna: azzeccare il prima possibile la nostra qualità migliore e su quella dedicare una vita intera!


Occhio all'onda! 


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