Scoperta del movimento

                               Tactical  is: "What to do"
                               Technical is: "How you do something"

 

Ci sono molte riflessioni da fare quando si parla di movimento, di come apprenderlo, di come insegnarlo, di come metterlo in pratica e di come poi esprimerlo in ciò che si va a fare.
Entriamo nel campo della tecnica, in un ambito molto complesso per vari motivi.
La letteratura ci dice, che per apprendere o per insegnare un movimento, possiamo avere un metodo analitico o per parti (scomposizione del movimento per singole frazioni) oppure globale (il movimento visto nel suo insieme). Interessante la definizione e classificazione data nel 1994 da Mosston e Ashworth danno di questi aspetti, ma lasciamo stare perché certo non mi interessa restare sulla teoria, amo la pratica!

Ma siamo sicuri che ci sia qualcuno in grado di insegnare un gesto che deve essere l'espressione di un proprio stato personale? Io ho sempre avuto una repulsione per quegli allenatori o maestri che impostano i propri allievi secondo la propria immagine e somiglianza! Questo porta ad un consapevole limite per l'allievo che potrà raggiungere forse il livello del proprio maestro, ma non riuscirà a superarlo fermando quella che è la naturale evoluzione tecnica di uno sport.

Se Fabian Lefevre avesse seguito lo stile francese non sarebbe stato quello che è stato e cioè il terzo punto dell'innovazione di questa specialità, dopo Duffek e Fox.

Dobbiamo fare una suddivisione legata al tipo di sport praticato secondo il mio modesto parere. Ci sono sport cioè che sono la riproduzione di gesti unici e precisi (vedi ginnastica artistica - tuffi) e altri invece che sono dettati dall'espressione di  una somma di fattori legati ad elementi esterni come la neve, l'acqua, il vento, l'avversario. Sport che normalmente vengono definiti di situazione. Sport cioè dove il gesto tecnico è certamente importante, ma le risposte che riceviamo dall'ambiente o dall'avversario sono determinanti al fine della nostra reazione tecnica. 
L'approccio all'insegnamento poi deve  cambiare in relazione ai nostri allievi. 
Questo aspetto diventa fondamentale per la didattica da usare. Ovviamente se ci troviamo con dei giovani il nostro approccio deve essere assolutamente ludico e libero anche se per questi aspetti dobbiamo mantenere comunque sempre chiari gli obbiettivi da trasmettere.
Spetterà all'allenatore/maestro guidare i giovani al giusto approccio tecnico di un determinato gesto.
Altro fattore determinate è il tempo che abbiamo a disposizione. Nella mia esperienza non ho ricordi di aver mai insegnato tecnicamente un gesto ai miei giovani atleti, tanto meno ai miei figli. Ho cercato sempre di portarli alla scoperta personale del movimento stesso.  Ho cercato di metterli nella condizione di richiedere a se stessi la risposta a una determinata problematica. Ovviamente cercando di capire dove e quando intervenire, non per aggiustare il gesto secondo un mio modo di percepire quella situazione, ma spingendo il mio o i miei interlocutori a chiedersi cosa possono fare quando percepiscono determinate problematiche. E' un lavoro lungo, ma che porta risultati duraturi e scava all'interno della propria individualità.

Molte volte ci dimentichiamo il fine specifico del gesto e ci soffermiamo sul particolare quando in realtà non conosciamo dove questo movimento ci può portare. La base di tutto sta nella ricerca dell'equilibrio elemento determinate per ogni azione motoria sia essa sportiva o no. L'equilibrio o il disequilibrio è determinato dallo spostamento del nostro peso. Il nostro corpo è e sarà sempre il fulcro principale e unico di questo principio base. La deambulazione, ad esempio madre e regina di ogni movimento, non è altro che un cambio di peso da un appoggio all'altro. La corsa non è altro che un'accelerazione dello stesso gesto. Nel salto in alto è una translazione aerea del peso dall'ultimo appoggio alla fase di volo.

Se poi pensiamo ad un esercizio nella ginnastica artistica possiamo renderci conto che ogni evoluzione è data dalla velocità acquisita in una prima fase di corsa (negli esercizi a corpo libero) o di rotazione (alla sbarra o agli anelli) per arrivare successivamente ad una serie di cambiamenti di peso per mettere in pratica l'esercizio medesimo.

In molti sport la catena cinetica del movimento parte dai piedi, in canoa il nostro punto di contatto diventa lo scafo e su questo noi appoggiamo il nostro peso. Un peso che si muove su un elemento fluido e che deve passare all'interno delle porte. Sarà proprio questo spostamento a determinare il relativo equilibrio. Il tutto si risolve con un gioco di pesi.

Bene tutto questo per fissare due concetti.

Il primo è quello di portare i propri atleti o allievi alla scoperta del movimento

(si veda metodo neuronale-situazionale meglio noto come "metodo M.A.E." Walter Bragagnolo ISEF Verona).
 
Secondo aspetto l'equilibro e il peso, quindi due concetti su cui lavorare con assiduità.

Occhio all'onda!

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