Giovani e il Kayak Cross: approccio diverso


Gli
argomenti Kayak Cross e attività giovanile mi sembra abbiano catturato l’attenzione di molti. Temi che mi interessano particolarmente e che  occupano i miei pensieri con una certa insistenza, ma vedo che non sono il solo con queste preoccupazioni!  Mi rendo conto che lo slalom ha  intrapreso una strada che non ha via di ritorno e che spero possa portarci a fare un salto di qualità, avvicinando più mondi per il bene comune. Dobbiamo aprirci e contribuire a costruire la strada, ve lo dice uno slalomista puro da sempre, per non limitare lo sviluppo dei nostri giovani: altro argomento che mi assilla e che mi fa pensare. Che cosa fanno in merito a ciò in Repubblica Ceca, che stanno sempre un passo avanti per non dire cento?  Organizzano gare giovanili dove nel Kayak Cross si gareggia con i packraft. Immagino che tutti voi sappiate che tipo di imbarcazione sono i packraft e, per chi non lo sapesse, diciamo che sono una sorta di mini rafting dove si pagaia seduti come in k1 e le gambe sono tenute da due cinghie che permettono loro di essere ben ancorate al mezzo, ma nello stesso tempo è facile liberasene in caso di necessità. Il costo é di poco più di 300 euro e si possono trovare anche da Decathlon. Lo scopo è quello di avvicinare i giovanissimi (e ce ne sono centinaia) alle gare di Kayak Cross senza nessun pericolo, anzi, assicurando il divertimento e il gioco, in modo tale che diventi propedeutico per il futuro di questi giovani, utile sia per lo slalom che per il kayak cross.  Poi se ci mettete pure che a qualche gara invitate campioni del calibro di Jessica e Noemi Fox, con Prskavec e Krajci il risultato di stimolare i giovanissimi è assicurato.  Nasce spontanea la domanda: ma a quante gare Giovanni De Gennaro è stato invitato per assistere a delle competizioni giovanili, firmare autografi e farsi fotografare con le giovani speranze? Non me ne viene in mente nessuna, forse a Vobarno credo, ma  per una sua spontanea volontà. 

La canoa ha il fascino dell’avventura e di per sé ha già  una corsia preferenziale nell’animo e nell’immaginario di un giovanetto perché solo il discendere il fiume o fare tutte le porte di una competizione di slalom è già di per sé una vittoria. Ricordo che da allievo, ai miei tempi non c’erano i cadetti, se gareggiavo e non salivo sul podio mi veniva detto: tranquillo hai disceso il Lys  e hai già vinto la tua gara. La cosa si ripeteva poi ovunque ci portasse la nostra canoa, ricordo tutte le miei vittorie:  la mia prima discesa in Cellina, la prima sul fiume Noce, poi il Sesia, il Passirio, il Vara, l’Orco, lo Stura, la Dora alta, l’Enza, il Taro e il Trebbia, per andare anche a Visso sul Nera e ho ancora presente dove entra il torrente Ussita. Poi c’era il Bussento a Policastro in Campania con la partenza sotto la diga e il passaggio al ponte del villaggio turistico e lo slalom poco prima che il fiume entrasse in mare. Si andava ovunque ci fosse uno spazio d’acqua che fosse fiume o rigagnolo come a Treviso o a Castelfranco, Sacile o anche a Zevio attorno alle mura. Si facevano gare ovunque con il sapore di sagra di paese, con tanta passione, tra i banchetti di leccornie e la sagra dei “osei”.  Si piantavano quattro pali e poi via a montare il campo da slalom, un cronometro 4 giudici nominati sul posto e 5,4,3,2,1 via!  Ho inciso nella mia memoria ogni sasso, onda, ricciolo che ho cavalcato con le mie canoa, da slalom e da discesa,  girovagando per il mondo. Questo era lo spirito che poi mi ha permesso di amare questo sport e giurare a lui fedeltà eterna!  Oggi tutto ciò in parte si è perso, si è concentrati sulla massima performance del giovane, non si perde tempo a discendere il fiume, non si perde tempo a costruire nei  giovani esperienze importanti, perché ciò costa fatica, energie, tempo. Si pensa che tutto ciò non possa servire al fine della prestazione sportiva.  Gli allenatori rimangono sulle rive, con il cronometro in mano, non perdono tempo a portare i ragazzi sui fiumi e la conseguenze sono disastrose: non si sa più leggere e amare il fiume, non c’è una educazione alla sicurezza, non si creano le basi per lasciare, oltre alla competizione, un amore profondo per la natura e per la canoa a 360 gradi. Si fanno fare test che poi neppure vengono considerati, ma si fanno perché i professionisti li fanno e mi chiedo se sappiamo leggerli questi dati che si raccolgono. 

Valori fondamentali che ti rimangono dentro per tutta la vita, indipendentemente dal percorso che il giovane poi seguirà. Secondo me la funzione di un tecnico dovrebbe essere pure questa, perché, inutile nasconderlo, siamo degli educatori e trasmettiamo di più con l’esempio che con tante parole. 

Un suggerimento per un inverno che si prospetta lungo e freddo: portate i giovani in piscina e fateli giocare con la canoa, con le pagaie e magari qualche slalom parallelo per mantenere vivo lo spirito. 


Occhio all'onda ! 






Commenti

Post più popolari