Giovani e il Kayak Cross: approccio diverso
La canoa ha il fascino dell’avventura e di per sé ha già una corsia preferenziale nell’animo e nell’immaginario di un giovanetto perché solo il discendere il fiume o fare tutte le porte di una competizione di slalom è già di per sé una vittoria. Ricordo che da allievo, ai miei tempi non c’erano i cadetti, se gareggiavo e non salivo sul podio mi veniva detto: tranquillo hai disceso il Lys e hai già vinto la tua gara. La cosa si ripeteva poi ovunque ci portasse la nostra canoa, ricordo tutte le miei vittorie: la mia prima discesa in Cellina, la prima sul fiume Noce, poi il Sesia, il Passirio, il Vara, l’Orco, lo Stura, la Dora alta, l’Enza, il Taro e il Trebbia, per andare anche a Visso sul Nera e ho ancora presente dove entra il torrente Ussita. Poi c’era il Bussento a Policastro in Campania con la partenza sotto la diga e il passaggio al ponte del villaggio turistico e lo slalom poco prima che il fiume entrasse in mare. Si andava ovunque ci fosse uno spazio d’acqua che fosse fiume o rigagnolo come a Treviso o a Castelfranco, Sacile o anche a Zevio attorno alle mura. Si facevano gare ovunque con il sapore di sagra di paese, con tanta passione, tra i banchetti di leccornie e la sagra dei “osei”. Si piantavano quattro pali e poi via a montare il campo da slalom, un cronometro 4 giudici nominati sul posto e 5,4,3,2,1 via! Ho inciso nella mia memoria ogni sasso, onda, ricciolo che ho cavalcato con le mie canoa, da slalom e da discesa, girovagando per il mondo. Questo era lo spirito che poi mi ha permesso di amare questo sport e giurare a lui fedeltà eterna! Oggi tutto ciò in parte si è perso, si è concentrati sulla massima performance del giovane, non si perde tempo a discendere il fiume, non si perde tempo a costruire nei giovani esperienze importanti, perché ciò costa fatica, energie, tempo. Si pensa che tutto ciò non possa servire al fine della prestazione sportiva. Gli allenatori rimangono sulle rive, con il cronometro in mano, non perdono tempo a portare i ragazzi sui fiumi e la conseguenze sono disastrose: non si sa più leggere e amare il fiume, non c’è una educazione alla sicurezza, non si creano le basi per lasciare, oltre alla competizione, un amore profondo per la natura e per la canoa a 360 gradi. Si fanno fare test che poi neppure vengono considerati, ma si fanno perché i professionisti li fanno e mi chiedo se sappiamo leggerli questi dati che si raccolgono.
Valori fondamentali che ti rimangono dentro per tutta la vita, indipendentemente dal percorso che il giovane poi seguirà. Secondo me la funzione di un tecnico dovrebbe essere pure questa, perché, inutile nasconderlo, siamo degli educatori e trasmettiamo di più con l’esempio che con tante parole.
Un suggerimento per un inverno che si prospetta lungo e freddo: portate i giovani in piscina e fateli giocare con la canoa, con le pagaie e magari qualche slalom parallelo per mantenere vivo lo spirito.
Occhio all'onda !
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