Giornata conclusiva per lo slalom con finali C1 uomini e donne

 Il famoso detto napoletano  "Ogni scarrafone è bell’ ‘a mamma soja" che ormai è diventato di uso popolare in tutta la penisola ha le sue ragioni…  guai a toccare i figli di tutti noi perché diventiamo particolarmente suscettibili anche se si parla semplicemente di canoa!

Detto ciò concentriamo sulle semifinali di questa mattina per le canadesi uomini e donne  dove le sorprese non sono mancate! Fuori dalla finale uomini questa sfilza di slalomisti del calibro di: Bernardet, Benus, Rohan, Ivaldi, Gestin, Tasiadis, Bozic, Mirgorodsky, Wiercioch, Slafkovsky e che  rispettivamente coprono dall’undicesima alla ventesima posizione. Guardiamo cosa è successo partendo da  casa Italia con  il 14esimo posto di Raffaello Ivaldi che rimane in gara fino a poco prima dell’ultima risalita, nonché ultima porta. Qui,  il pagaiatore della Marina Militare, allarga troppo l’entrata e così facendo va lungo perdendo 1.88 che saranno quelli decisivi per passare in finale. Certo è che la settimana passata con antinfiammatori, antidolorifici e trattamenti fisioterapeutici, per curare una lombalgia acuta, non ha aiutato ad essere più brillante e reattivo come al suo solito.
Flavio Micozzi spinge a fondo, ma alla cinque arriva la prima penalità, prosegue bene fino alla 12 e c’è un altro tocco. Qui capisce che le cose si complicano e cerca di tagliare il più possibile le linee e tocca ancora 13 e 14. Troppe penalità per pensare di passare il turno. Paolo Ceccon non è convinto fin dalle prima battute, due errori sulla 4 e 5, lo tradiscono e in pratica finisce qui la sua gara continentale. Unica consolazione azzurra è quella che tutte le nazioni più forti sono davanti all’Italia e che presumibilmente tutte queste ai mondiali di settembre qualificheranno la barca per le Olimpiadi, quindi nel caso in cui gli azzurri non riuscissero essere dentro le 12 prime nazioni potranno ripescare il 14esimo posto di Raffaello Ivaldi. Archiviata  quindi questa strana semifinale,  dove rimangono fuori il campione del mondo in carica, l’argento olimpico di Tokyo, il secondo e il terzo in Coppa del Mondo e pure altri due slovacchi, parliamo della  la finale.  Ad aprire  le danze ci pensano prima due tedeschi che erano finiti rispettivamente decimo e nono.

Inizia Franz Anton che ha una partenza guardinga per lasciare poi tutte le speranze di medaglia alla porta 14. Mi aspettavo che la facesse in discesa come l’aveva affrontata in semifinale, invece preferisce optare per una retro e finisce completamente fuori tanto che è costretto a rimontare, pertendo una montagna di secondi.   Alle sue spalle il compagno di squadra Timo Trummer fa una gara onesta con 98.57, si migliora rispetto la semifinale, ma sarà alla fine quinto.
Il polacco Kacper Sztuba fa vibrare le tribune, oggi abbastanza piene, ma un 50 alla cinque ridimensiona il tifo locale. È tempo di vedere all’opera il folletto di Praga, che guarda caso ha preso pure la finale in C1, dopo aver vinto alla grande ieri il K1. Jiri in C1 sembra divertirsi ancora di più di quando pagaia seduto, se in k1 le porte le sfiora, in C1 le accarezza senza toccarle, ne ha cura, le prende di mira come se dovesse divorarsele in un solo boccone, ma poi ci passa vicino e se ne va. Migliora il suo tempo di oltre 1 secondo e come dicevo scende senza penalità. Arriverà quarto per soli 8 centesimi.  Ryan Westley, l’inglese rientrato alle gare dopo essere stato fermo diverso tempo per un intervento chirurgico alla spalla, riesce a migliorarsi di oltre 5 secondi  tra una discesa e l’altra e se vogliamo trovare la chiave del suo successo, secondo me,  la dobbiamo cercare nelle risalite 4, 9  e 13. Tre  risalite a destra, il suo lato di pagaiata,   che imposta nella stessa identica maniera: entra ad alta velocità, prende le misure, si infila con il busto sotto la porta, sfila la pala e la riprende subito verticalizzandola per tirare il colpo. Tutte e tre fatte ad una velocità assurda. Lungo il resto del percorso non ci sono sbavature, non ci sono incertezza neppure nelle due retro, 7 e 14, e metti tutto assieme e ne esce un 94.01 che ti assicura il gradino più alto del podio al 6.5% dal miglior tempo assoluto dei kappa uno. Chi fa una grande finale è il pagaiatore catalano della Seu d’Urgell:  Miguel Trave. Unico brivido alla retro 14, esce dalla 13 e va diretto alla porta successiva, si rende conto di essere in pericolo, non c’è spazio neppure per una manovra d’emergenza, perché è già sulla fase discendente dell’onda, quindi, affidandosi alla buona sorte e alla provvidenza divina, toglie la pala dall’acqua  e si porta  tutto avanti con il busto, entra nella porta, ricaccia la pala destra in acqua e riparte. Il guizzo del giaguaro nella giungla l’ha salvato e gli regala l’argento continentale. Il bronzo se lo prende il ceco Vaclav Chaloupka a due secondi  e zero nove da Westley e a novantaquattro centesimi da Trave
 Delude Benjamin Savsek, il campione olimpico che aveva vinto la semifinale con un 95.52, anche per lui due tocchi, 6 e 13, sono troppi, conditi pure da una retro, la sette, non certo velocissima. Mi mancano di commentare la discesa di finale di Adam Burgess,  che chiude in settima posizione con un 99.36 più il tocco alla risalita 6,  e quella di Lucas Roisin nono con  tempo alto e sei penalità. L’inglese fa una retro in più del consentito ed è dispersivo, mentre il francese fa cinema alla 14, manca la porta successiva ed è costretto a rimontare. Il cronometro in questi casi però non si ferma, anzi sembra andare più veloce del normale perché al tempo perso si somma pure la fatica.

Più di così Elena Lillik non poteva fare in C1:  vince la qualifica, vince la semifinale e dulcis in fundo vince pure la finale su un’altra protagonista dell’Europeo e cioè la polacca Klaudia Zwolinska che oltre all’argento nel K1, sempre dietro ad una tedesca nel caso specifico Ricarda Funk, ne mette al collo un’altro in C1. Terza Mallory Franklin. Brava Elena Micozzi, che dopo il terzo posto della semifinale chiude in settima  posizione: troppe penalità per aspirare una medaglia. Marta Bertoncelli è pulita in semifinale, ma troppo lenta per l’atto finale. L’impressione è quella che manchi  di cambi di ritmo nei momenti decisivi e una strategia di gara troppo sicura e risparmiatrice le impedisce di agguantare la finale. Probabilmente qualche rischio in più bisogna pure prenderselo . Elena Borghi si perde alla 14 lasciando molti secondi e rimediando un 50 di penalità. La ragazza di Ferrara sembra avere una pagaia troppo lunga per le sue caratteristiche e che le impedisce di avere quella dinamicità e velocità di cui si necessita spesso per tirarsi fuori da situazioni difficili.

Il Kayak Cross chiude la rassegna europea, ma ne  parleremo la prossima volta



 
Occhio all’onda!

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