Non correrò più!



Non voglio più andare a correre, non ce la faccio più a vedere un luogo su cui dovrebbe, doveva nascere un centro d’eccellenza della canoa e invece...
Tutto è nato proprio perché abitualmente parto da casa mia di corsa, raggiungo in cinque minuti l’Adige e risalgo la sponda sinistra. Poi arrivo alla diga del Chievo imbocco l’altra riva e ridiscendo verso casa costeggiando sempre un fiume magico com’è il “mio” Adige. Più o meno 50 minuti che la mia testa usa per fantasticare sul mondo e sul futuro. Correvo volentieri perché le mie gambe mi portavano all’interno di un sogno, di una speranza di una meta.
Attraversato lo sbarramento sul fiume, oggi anche fonte di entrate monetarie per l’energia prodotta, e passato dall’altra parte, mi infilo in una pista ciclabile e arrivo ai campi di calcio del Bottagisio, e qui inizio ad incupirmi e a rattristarmi. Passo sotto la porticina che un tempo serviva per entrare direttamente al campo di calcio per assistere alle partite e che oggi invece è un passaggio obbligato per farti ricordare sempre il passato.
Subito dopo mi si apre un mondo, un sogno, un incubo, un tunnel senza ormai più luce perché le speranze purtroppo si sono perse in un cammino lungo 7 anni. Corro, calpesto quel terreno che io immagino già con l’erbetta... qui il cancello con la portineria, più in là il ristorante e il bar, vedo già i ragazzi pronti ad iniziare l’allenamento in acqua, mentre i gommoni con tanta gente sono ancorati sulla riva. La corsa non concede pause e mi infilo nel vialetto che porta direttamente sul fiume, inizia ora la mia sconsolazione. Quasi d’incanto riapro gli occhi e la mente inizia ad elaborare mille pensieri che mi vorrebbero spingere a fare a rifare ancora tutto quello che in questi sette lunghissimi anni ho fatto assieme a tante persone che hanno creduto nella bontà dell’idea.
I pensieri mi bombardano come le idee che mi spingerebbero ad un presidio permanente in Comune, ad un attentato dinamitardo, ad un suicidio collettivo della canoa come suggerisce il saggio Carlo Alberto. Eh sì la canoa potrebbe morire, potremmo a breve farle il funerale e scrivere sugli striscioni che accompagneranno il corteo: “è morta perché nessuno ha più avuto la forza e la volontà di amare le cose semplici, nessuno ti vuole perché disturbi il comune senso del pudore”. Anzi dalla canoa il Comune vuole 27,000 euro per un canone d’affitto sul quale mai è stata regolarizzata la posizione. Nessuno però degli Amministratori ha pensato minimamente che se nella vecchia Dogana non ci fosse il mitico Canoa club Verona dal 1965 forse sarebbe caduta a pezzi come tanti altri beni abbandonati al tempo e all’incuria. Nessuno ha pensato di riconoscere un contributo non un onore dove specularci sopra.
Eppure tanti sono stati bravi a promettere, tanti sono stati bravi a dirci che noi non saremmo stati in grado di portare avanti da soli questo sogno e così ci hanno pensato Loro ad affossare sogni, speranze, gioie, emozioni. Ma come si possono assumere cariche pubbliche se poi non si hanno idee, iniziative, voglia ed energie per dare forza a chi invece di idee, iniziative, voglia ed energie ne ha da vendere per il solo fatto che non ha nessun interesse di apparire o essere? L’unico interesse che ci spinge è riuscire a dare alle prossime generazioni quello che il fiume è riuscito a trasmetterci dopo tanti anni, tanto lavoro ed immensa passione.
Mi ritrovo a ponte Catena, sono stanco e non ho più energie. Ho abbandonato i sogni in un ufficio occupato da dirigenti e tecnici che ormai hanno abbassato le armi e seguono quatti quatti l’andamento piatto di un sistema flesso a non aver impicci. Eppure erano per noi i baluardi sulle torri maestre pronti a combattere con la spada in mano per trovare soluzioni vincenti riuscendo a portarci ad un passo dalla vittoria.
Mi è sfuggito, forse volutamente, un giovedì che in altre occasioni non avrei mancato per nessuna ragione. Un giovedì che portava a Verona i progettisti del nostro “castello”, ma si sa che la disperazione ha sfaccettature diverse anche quella forse di restare chiusi in noi stessi perché purtroppo le bastonate fanno male... tanto male!
Arrivato e docciato mi sfogo su questa povera tastiera, mi rimane solo ancora la forza per mandare un’ ennesima e-mail che come le altre mille si perderà nella rete. Sento anche al telefono la voce sconsolata di segretarie regionali e comunali... riferiremo grazie per aver chiamato - Ecco la vita finisce qui... e anche noi riferiremo, a chi? Non lo so!

Occhio all’onda!

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