Bilanciamento e pala in trazione


Non lo so se sono ripetitivo: ditemelo voi eventualmente, ma ritengo che la centralità del corpo, il bilanciamento e la presa in acqua della pala siano elementi fondamentali per mettere in essere una tecnica che può portare risultati, seguendo comunque il proprio stile.
Ho rivisto la gara di Kauzer a Solkan dello scorso fine settimana (peccato che sia mancato il confronto-scontro con il buon Molmenti) e ancora una volta mi entusiasma la sua fluidità d’azione per niente preoccupato a spalettare per ridare velocità alla canoa. I colpi sono precisi e l’azione che precede una manovra importante, che sia per una risalita o che sia per un cambio di direzione repentino, sembra essere messa in atto a rallentatore. La sua più grande preoccupazione rimane quella di avere tutto il peso sulla canoa e non sulla pala, errore questo che spesso si riscontra, con il chiaro obiettivo di trovare e usare la sua pala solo per fare forza e non certo per mantenere l’equilibrio. Una volta trovato il punto d’appoggio lo sfrutta fino all’inverosimile, quasi come fosse un C1 con il vantaggio di avere però sia la pala destra che sinistra a disposizione!
In sostanza si tratta di cercare delle certezze e dei punti sicuri su cui lavorare in un ambiente che viceversa non offre garanzia di continuità e stabilità. Per cercare di rendere questo concetto ancora più semplice, nel tentativo di farlo capire chiaramente, diremo che chiunque può mettere in essere una manovra complessa se non ha problemi di equilibrio. La ricerca quindi va direzionata proprio in questa logica e cioè su scelte tecniche semplici e che possano permettere all’atleta di mantenere il più a lungo possibile il suo equilibrio. In quello stato tutto, o quasi, è concesso.
Diventa questo il concetto base per i giovani. Il lavoro deve prendere quindi questa direzione con proposte di combinazioni di porte molto semplici e via via si porterà il tutto su acque più difficili. Quindi se noi partiamo dall’acqua ferma la logica vuole che nella proposta di una risalita richiederemo al nostro allievo di eseguire la manovra sempre con la pala in acqua. Concentrando l’attenzione su un solo elemento. Il tutto, all’inizio, non risulterà naturale per un kappa, viceversa per un canadese, che si trova costretto dall’unicità di pala della sua pagaia, la cosa assume un aspetto decisamente naturale. Quindi può essere una buona idea mettere i giovani kappisti in C1 per obbligarli a trovare soluzioni solo su un lato e per assimilare la “sfilata in avanti”. Successivamente sposteremo l’attenzione sulla rotazione delle spalle, quindi sulla spinta delle gambe, successivamente sulla rotazione della coda e sulla spinta d’uscita, senza mai dimenticare ovviamente la pala nell’acqua, che offre equilibrio e spinta. Ci vuole molta pazienza e non bisogna secondo me affrettare i tempi. Se riusciamo a trasmettere ai nostri allievi questi concetti base avremo poi la strada spianata per crescere sotto ogni punto di vista.
Il lavoro di crescita è molto lungo, ma se non si comincia bene poi si fatica a ristabilire gli equilibri. Oltre a proposte sensate c’è bisogno anche di un lavoro costante e certosino con i giovani. Il tutto poi lo si deve portare sui canali che ormai sono e saranno i veri ed esclusivi campi di gara.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

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