Imparare ascoltando e ascoltandosi


L’occasione di scendere in acqua con un amico che si sta avvicinando allo slalom con passione e determinazione mi ha permesso di fare alcune riflessioni tecniche che ovviamente mi piace condividere con gli appassionati di questo magico sport che si chiama canoa.
La prima è quella che è importante qualche volta rimettersi seduti  in barca per non perdere il feeling con corrente e scafo e non restare sempre sulla sola teoria che, se non associata alla pratica, ti allontana dalla realtà …e pagaiare tra le porte dello slalom rimane sempre unico e fantastico.
La seconda riflessione arriva osservando attentamente, mentre si muove sull’acqua per fare le porte, l’allievo;  eviterei pero di utilizzare questo termine, secondo me obsoleto, sarebbe più opportuno definirlo un compagno di scoperte, perché ogni volta che si pagaia o si lavora con canoisti o atleti si scoprono nuovi confini sempre interessanti e a volte sconosciuti. Questo allenamento con il mio amico praghese, dicevo,  mi conferma che chi si avvicina allo slalom utilizza  il « Duffek » in maniera non corretta facendone un uso improprio, cosa che capita  anche tra i turisti di alto corso, non certo di livello, che pensano di risolvere problemi di direzione con questa manovra.  Il Duffek nello slalom deve essere considerato come  un gesto di rifinitura e di mantenimento dello scafo in una precisa e definita zona che va a trasformarsi da sfilata a punto di rotazione su cui la  barca stessa ruota.
Il Duffek ha delle forti controindicazioni a livello fisico capaci di procurare problemi alle spalle fino alla fuoriuscita della stessa.  Trascuriamo questo aspetto e concentriamoci sull’uso sfrenato che si fa  di quello che in Italia   chiamiamo    «aggancio» sinonimo per l’appunto del Duffek (se volete conoscere la storia di questo gesto rileggete il  post: «Duffek o aggancio come lo si voglia chiamare» - 13 dicembre 2016 cliccando qui). Molto spesso ci si sforza ad insegnarlo spiegando al giovane atleta o al canoista neofita come deve essere inserita la pala in acqua, come bisogna girare spalle e ancora che cosa devono fare le braccia perché il movimento si concretizzi. C’è poi chi ha perfettamente chiaro con quale angolo la pala debba entrare in acqua, ma senza dare la corretta velocità falsandone l’ effetto sulla canoa.  Si vuole trasformare un gesto tanto dinamico e naturale, con una forte componente di variabili, in un movimento preciso e definito da mettere in acqua sempre allo stesso modo. Si vuole, nel tentativo di insegnarlo,  schematizzare una manovra che nasce viceversa per esaltare l’espressività e che va ad adattarsi alle caratteristiche di ogni atleta in relazione al tipo di acqua che di volta in volta si incontra. L’approccio al Duffek deve arrivare da una trasformazione di una pagaiata, praticamente quello che succede a mio avviso nel tango dove tutto parte e ritorna alla camminata avanti dell’uomo. 
L’ amico con cui ho condiviso qualche ora in canoa è un grande ballerino e   maestro di tango, nel tempo libero suona pure il bandoneon  e  ha una caratteristica particolare: è molto sensibile e si lascia guidare in ogni cosa che fa da questa particolare dote sviluppata in ogni campo. E’ incredibile come in poco tempo Marek, questo il suo nome, sia entrato nella mentalità giusta per affrontare un’avventura come la canoa slalom. Ha abbandonato l’idea di fare manovre studiate su qualche video di gare su internet  e ha lasciato libera la sua qualità migliore: ascoltare il suo corpo muoversi all’interno di un kayak nell’acqua. Una sua ricerca personale che lo porta di volta in volta ad inseguire il feeling con acqua e scafo senza affannarsi ad imparare manovre su manovre che viceversa arriveranno con la pratica, lasciando liberi i suoi  recettori di percepire dall’acqua ogni emozione e sensazione. Solo entrando in questa modalità acquisiremo una capacità di crescere e gestire i movimenti che saranno la risposta giusta alle esigenze che si presentano di volta in volta.  Se lo compariamo al tango è come dire che prima di imparare a camminare in connessione con la propria ballerina e la musica iniziassimo da ganci e volcade! Insomma la strada che sta percorrendo Marek, che richiede impegno e dedizione è sicuramente la più dura, lunga e difficile, ma sarà quella che potrà alla fine portare grandi soddisfazioni.

Occhio all’onda!



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