L'evoluzione dello Slalom


L’evoluzione fa parte inevitabile della nostra natura e lo sport  ne è la conferma. Anche lo slalom ha visto dalla sua nascita ad oggi una continua evoluzione e i motivi sono svariati. Si passa dalle canoe in tela della fine degli anni ’40 per arrivare alle attuali imbarcazioni in carbonio sotto vuoto che sempre di più vengono adattate alle esigenze personali di ogni atleta. Tutto ciò ha portato inevitabilmente  ad evolversi anche sotto l’aspetto delle regole che sono ben diverse da quelle originali. Piccoli, ma costanti cambiamenti hanno caratterizzato il nostro mondo. Unico neo,  a mio modo di vedere, è stata da parte dello slalom la mancanza di lungimiranza. Si è cambiato rincorrendo e non anticipando le esigenze dei tempi che mutando portano con sé nuove realtà e sviluppi. Tutt’oggi navighiamo nel limbo senza guardare il futuro con troppo decisione e innovazione.
Se partiamo  dal 1987  ci accorgeremo che ci sono stati diversi cambiamenti. Siamo passati dalle gare dove si prendeva la miglior manche delle due discese, all’inserimento, a partire dal 1993, delle gare di qualifica per prendere poi la miglior manche. Ancora cambiamenti dal 1997 al 2007 con somma delle due manche di semifinale e finale. Oggi la  formula, ormai consolidata, è  qualifica ed eventuale ripescaggio per arrivare a semifinali nei K1 uomini a 40, mentre per il resto a 30. Da qui i primi 10 vanno in finale e si giocano le medaglie. Anche qui sarebbe da fare una profonda analisi di questa formula che si sta dimostrando troppo lenta e dispendiosa, specialmente per le gare di Coppa del Mondo.
Il vero grande cambiamento è stato però sulla lunghezza dei tracciati e sulla sua filosofia generale. Siamo passati dai 193.61 secondi (3 minuti, 13 secondi e 61 decimi) del mondiale sul Savage River nel 1989 per il miglior tempo assoluto  agli 84.26 secondi (1 minuto, 24 secondi e 26 decimi)  del 2019 a La Seu d’Urgell. Una differenza di 1 minuto, 49 secondi e 35 decimi! Una enormità se consideriamo gli aspetti metabolici che si possono innescare su queste due distanze.  Mi piace parlare ed analizzare però l’evoluzione della tecnica per capire, al di là delle distanza diverse, del numero di porte e delle differenze tra gareggiare su un fiume o su un canale, che cosa oggi si fa che un tempo invece non si faceva.  
Oggi le traiettorie, grazie anche alle barche che lo consentono, sono decisamente più dirette rispetto ad un tempo. La rotondità e la scelte di linee più allargate erano alla base della tecnica fino a pochi anni fa, mentre oggi la tendenza è quella di tagliare sempre più vistosamente le traiettorie. Non più linee che seguono delle « esse », ma linee il più possibilmente rette. Ecco quindi che l’intervento del corpo diventa determinante per mantenere equilibri e per non toccare i pali. Centralità è la parola d’ordine per riuscire a far combinare il tutto. Gli spostamenti veloci e repentini della coda con il fianco piantato in acqua fanno il resto (video).

Occhio all’onda! 

 


 

 

 

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