ANALISI TECNICA DI UNA STAGIONE DI SLALOM - terza parte
Prendiamo in esame il settore donne Kayak che in questa stagione non ha avuto una vera e propria leader. Walsh in gonnella è stata sicuramente Jana Dukatova con 5 finali su 5 gare e tre podi – 1 vittoria ad Augsburg in coppa e altri due bronzi. Chi ha retto bene l’anno post-olimpico è stata sicuramente Elena Kaliska vincendo l’Europeo e una gara di Coppa. Abbiamo visto crescere parecchio Corinna Kuhnle l’austriaca che sembra avere davanti a sé tante belle prospettive.
Ben 26 le donne nel kayak che hanno preso almeno una finale fra le 5 gare considerate tra Coppa del Mondo, Mondiali ed europei. Un numero complessivamente sostanzioso che ci sta ad indicare l’effettiva possibilità, da parte delle donne, di inserirsi con maggior facilità nelle gare che assegnano le medaglie. Dieci finali per le slovacche e 5 podi. Un bottino importante, ma legato soprattutto al grande lavoro che è stato fatto e che si sta portando avanti con due atlete: Kaliska e Dukatova. Alle spalle di queste due grandi comunque c’è una sorta di buco generazionale: infatti non troviamo nessuna finalista slovacca agli europei né tra le junior né tra le U23. Cosa assolutamente opposta per le tedesche che quest’anno hanno ben figurato sulla scena mondiale praticamente in tutte le categorie (Junior, U23 e Senior) e con un numero nutrito di atlete. Con la giovane Jasmine Schornberg hanno portato a casa il mondiale assoluto tenendo così il titolo in casa dopo quello conquistato nel 2007 dalla Bongardt. Quest’ultima ha gareggiato solo agli europei, finendo 12esima, e in coppa del mondo ad Augsburg dove è arrivata terza, poi è rimasta fuori dalle ultime selezioni. I tedeschi poi con la più giovane delle sorelle Horn, Stefanie, conquistano l’europeo Junior e con Cindy Poschel prendono l’argento fra le U23, gara che ha visto Jacqueline Horn in settima posizione, ma con un tempo da medaglia. Quindi ai teutonici non manca certamente materia prima per il settore femminile. Tutto ciò si spiega con un enorme lavoro di base costruito e diretto da Elisabeth Micheler – campionessa olimpica ’92 e mondiale ’91 – che segue attentamente questo settore da molti anni coadiuvata da numerosi tecnici. La cosa non mi stupisce affatto perché ogni volta che mi ritrovo sul canale di Augsburg ti rendi conto che sei circondato da un numero sempre maggiore di giovani slalomisti. Approfondendo poi lo sguardo e rivedendo la sempre carina Elisabeth sul ponticello tra il bosco, ti accorgi che stai pagaiando con tante ragazze, grintose e che non accennano a mollare mai la presa con la loro pagaia. Lei, la campionessa olimpica, le rassicura, le guida, le porta per mano con la tranquillità e la serenità di chi è consapevole di svolgere un grande ruolo anche fuori dai riflettori. Ora voi, ovviamente, sorriderete a quanto letto e la conseguenza sarà quella di dire che è facile ottenere risultati quando hai a disposizione strutture e persone. Certo, questo è ovvio, ma bisogna pur pensare che tutto ciò neppure i tedeschi se lo sono trovati fatto da madre natura, hanno messo molto del loro. Hanno creduto nelle potenzialità dello slalom e hanno investito soldi e tempo per offrire ai giovani opportunità di vivere meglio attraverso lo sport.
Per completezza ricordo che sono state 11 le nazioni in rosa che hanno avuto finaliste e 7 sono salite sul podio. Impresa non riuscita a russe, cinesi, austriache e slovene. Queste ultime sono cresciute molto grazie al lavoro costruito dal bravo e sapiente Jelen – direttore tecnico degli sloveni – che ha messo al fianco delle ragazze un certo Terdic che di esperienza e tecnica ha certamente molto da offrire.
In Italia c’è una piccola e giovane realtà che sta prendendo piede grazie alla voglia e alla competenza di Elena Bargigli, una ex atleta che nonostante le difficoltà che comporta vivere sul mare, anziché su un canale artificiale di canoa, ha saputo in gioventù innamorarsi dello sport dei paletti, raggiungere buoni livelli e soprattutto oggi, avere la voglia e le capacità di trasmettere questo amore a delle giovani ragazze. Ma sappiamo che tutto ciò non basta: bisogna metterla nella condizione di diventare una professionista e dedicarsi a tempo pieno alle sue belle e fresche realtà. Solo così potremo pensare un giorno di essere anche noi in qualche finale mondiale od olimpica per cercare di mettere al collo delle medaglie importanti in una specialità dove bisogna investire tempo in giro per il mondo. Solo qualche esempio? Le ragazze e junior ceke a gennaio erano in Australia e poi sui canali d’Europa a fare gare e allenamenti per tutta l’estate. L’austriaca – classe 1994 – Viktoria Wolffhardt – grazie al padre e agli aiuti che riceve dalla sua Federazione, se pur questa decisamente piccola in una nazione dove lo sport nazionale è lo sci – passa diverse ore alla settimana ad allenarsi sul canale di Cunovo e l’estate in giro per altri impianti. Jessica Fox, anche lei classe 1994, ha peregrinato tra coppa del mondo e mondiali a lungo per restare a contatto con l’alto livello, dopo essersi allenata costantemente su un canale olimpico seguita da fior di tecnici. Le inglesi sono in raduno costante a Notthingam così come le francesi a Pau. I risultati ovviamente non arrivano per puro caso, ma sono frutto di un costante lavoro duraturo e consolidato. Le spagnole hanno un centro tecnico permanente e i risultati iniziano ad arrivare dopo anni dalla sua nascita.
In Italia le ragazze che pagaiano e che potenzialmente potrebbero essere interessanti a breve, si contano sulle dita di una mano. Eppure c’è un totale disinteressamento, siamo ormai ad ottobre e in vista non ci sono grosse novità se non quelle di tenere gli occhi chiusi e fare finta di nulla. La più giovane delle nostre atlete, spallata l’11 aprile scorso, è stata abbandonata al suo destino. La più anziana, che porta lo stesso cognome, non viene ascoltata; le altre due vengono umiliate alle gare internazionali. Con queste belle prospettive non oso pensare alle nostre giovanette che vengono chiamate ad una gara internazionale mentre chi avrebbe dovuto essere presente, viceversa, era impegnato in aggiornamenti di tutt’altro genere.
fine terza parte – Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ben 26 le donne nel kayak che hanno preso almeno una finale fra le 5 gare considerate tra Coppa del Mondo, Mondiali ed europei. Un numero complessivamente sostanzioso che ci sta ad indicare l’effettiva possibilità, da parte delle donne, di inserirsi con maggior facilità nelle gare che assegnano le medaglie. Dieci finali per le slovacche e 5 podi. Un bottino importante, ma legato soprattutto al grande lavoro che è stato fatto e che si sta portando avanti con due atlete: Kaliska e Dukatova. Alle spalle di queste due grandi comunque c’è una sorta di buco generazionale: infatti non troviamo nessuna finalista slovacca agli europei né tra le junior né tra le U23. Cosa assolutamente opposta per le tedesche che quest’anno hanno ben figurato sulla scena mondiale praticamente in tutte le categorie (Junior, U23 e Senior) e con un numero nutrito di atlete. Con la giovane Jasmine Schornberg hanno portato a casa il mondiale assoluto tenendo così il titolo in casa dopo quello conquistato nel 2007 dalla Bongardt. Quest’ultima ha gareggiato solo agli europei, finendo 12esima, e in coppa del mondo ad Augsburg dove è arrivata terza, poi è rimasta fuori dalle ultime selezioni. I tedeschi poi con la più giovane delle sorelle Horn, Stefanie, conquistano l’europeo Junior e con Cindy Poschel prendono l’argento fra le U23, gara che ha visto Jacqueline Horn in settima posizione, ma con un tempo da medaglia. Quindi ai teutonici non manca certamente materia prima per il settore femminile. Tutto ciò si spiega con un enorme lavoro di base costruito e diretto da Elisabeth Micheler – campionessa olimpica ’92 e mondiale ’91 – che segue attentamente questo settore da molti anni coadiuvata da numerosi tecnici. La cosa non mi stupisce affatto perché ogni volta che mi ritrovo sul canale di Augsburg ti rendi conto che sei circondato da un numero sempre maggiore di giovani slalomisti. Approfondendo poi lo sguardo e rivedendo la sempre carina Elisabeth sul ponticello tra il bosco, ti accorgi che stai pagaiando con tante ragazze, grintose e che non accennano a mollare mai la presa con la loro pagaia. Lei, la campionessa olimpica, le rassicura, le guida, le porta per mano con la tranquillità e la serenità di chi è consapevole di svolgere un grande ruolo anche fuori dai riflettori. Ora voi, ovviamente, sorriderete a quanto letto e la conseguenza sarà quella di dire che è facile ottenere risultati quando hai a disposizione strutture e persone. Certo, questo è ovvio, ma bisogna pur pensare che tutto ciò neppure i tedeschi se lo sono trovati fatto da madre natura, hanno messo molto del loro. Hanno creduto nelle potenzialità dello slalom e hanno investito soldi e tempo per offrire ai giovani opportunità di vivere meglio attraverso lo sport.
Per completezza ricordo che sono state 11 le nazioni in rosa che hanno avuto finaliste e 7 sono salite sul podio. Impresa non riuscita a russe, cinesi, austriache e slovene. Queste ultime sono cresciute molto grazie al lavoro costruito dal bravo e sapiente Jelen – direttore tecnico degli sloveni – che ha messo al fianco delle ragazze un certo Terdic che di esperienza e tecnica ha certamente molto da offrire.
In Italia c’è una piccola e giovane realtà che sta prendendo piede grazie alla voglia e alla competenza di Elena Bargigli, una ex atleta che nonostante le difficoltà che comporta vivere sul mare, anziché su un canale artificiale di canoa, ha saputo in gioventù innamorarsi dello sport dei paletti, raggiungere buoni livelli e soprattutto oggi, avere la voglia e le capacità di trasmettere questo amore a delle giovani ragazze. Ma sappiamo che tutto ciò non basta: bisogna metterla nella condizione di diventare una professionista e dedicarsi a tempo pieno alle sue belle e fresche realtà. Solo così potremo pensare un giorno di essere anche noi in qualche finale mondiale od olimpica per cercare di mettere al collo delle medaglie importanti in una specialità dove bisogna investire tempo in giro per il mondo. Solo qualche esempio? Le ragazze e junior ceke a gennaio erano in Australia e poi sui canali d’Europa a fare gare e allenamenti per tutta l’estate. L’austriaca – classe 1994 – Viktoria Wolffhardt – grazie al padre e agli aiuti che riceve dalla sua Federazione, se pur questa decisamente piccola in una nazione dove lo sport nazionale è lo sci – passa diverse ore alla settimana ad allenarsi sul canale di Cunovo e l’estate in giro per altri impianti. Jessica Fox, anche lei classe 1994, ha peregrinato tra coppa del mondo e mondiali a lungo per restare a contatto con l’alto livello, dopo essersi allenata costantemente su un canale olimpico seguita da fior di tecnici. Le inglesi sono in raduno costante a Notthingam così come le francesi a Pau. I risultati ovviamente non arrivano per puro caso, ma sono frutto di un costante lavoro duraturo e consolidato. Le spagnole hanno un centro tecnico permanente e i risultati iniziano ad arrivare dopo anni dalla sua nascita.
In Italia le ragazze che pagaiano e che potenzialmente potrebbero essere interessanti a breve, si contano sulle dita di una mano. Eppure c’è un totale disinteressamento, siamo ormai ad ottobre e in vista non ci sono grosse novità se non quelle di tenere gli occhi chiusi e fare finta di nulla. La più giovane delle nostre atlete, spallata l’11 aprile scorso, è stata abbandonata al suo destino. La più anziana, che porta lo stesso cognome, non viene ascoltata; le altre due vengono umiliate alle gare internazionali. Con queste belle prospettive non oso pensare alle nostre giovanette che vengono chiamate ad una gara internazionale mentre chi avrebbe dovuto essere presente, viceversa, era impegnato in aggiornamenti di tutt’altro genere.
fine terza parte – Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
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