Nazioni alle Olimpiadi analisi
Mentre, alle prime ore dell’alba, si seguono le gare della canoa velocità per cercare di capire se anche da qui si possono avere spunti per i nostri atleti dello slalom, i pensieri iniziano a concretizzare analisi e statistiche: forse è tempo di bilanci anche se ovviamente bisogna prima metabolizzarli al meglio. Certo è che qualche considerazione si può già iniziare a fare e il primo dato che salta all’occhio è la completa assenza dai podi dei cugini d’oltralpe. Non era mai successo prima a partire proprio dal 1972 quando la canoa slalom disputò la sua prima gara a cinque cerchi. Anche in quell’occasione sul canale di Augsburg i bianchi di Francia vinsero un bronzo nel C2 con i fratelli Jean Louis e Jean Claude Olry. Una Francia che fino all’edizione numero XXXI aveva al suo attivo 7 ori (3 di Tony Estanguet nel C1 uomini, quindi Adisson/Forguess nel C2; Benoit Peschier nel kayak maschile; Emil Fer nel kayak femminile; Dennis Gargaud nel C1 uomini). Poi ci sono da aggiungere 3 argenti (nel k1 donne Brigitte Guiball; Sylvain Courinier e Fabien Lefevre in K1 uomini) e 8 bronzi (C1 uomini Orly/Orly, Jacky Avril e Patrice Estanguet; C2 Adisson/Forgues e Peche/Klauss; K1 donne Myrian Jerusalmi-Fox e Anne-Lise Bardet; Fabien Lefevre in K1 uomini). Un totale di 18 medaglie olimpiche nella classifica guidata dalla Slovacchia con 8 ori , 4 argenti e 3 bronzi. Una Slovacchia che praticamente è diventata nazione solo dall’edizione di Atlanta 1996 perdendo quindi quelle del 1972 e 1992.
Da quello che ci è dato sapere e da ciò che abbiamo seguito a livello internazionale c’è da da dire che la Francia, nonostante un grandissimo movimento di praticanti e la grande disponibilità di strutture e tecnici, ha, a mio modo di vedere, sbagliato il modo di selezionare gli atleti per Tokyo 2020. Selezioni che sono state fatte praticamente in due fasi ad Aprile e a Ottobre 2020. In Giappone certamente non c’erano i migliori atleti non fosse altro per quello che avevano fatto vedere nel corso delle stagioni passate, ma anche in quella attuale. C’era chi, nel bene o nel male, aveva retto i due cicli di gare selettive, mentre i big (mi riferisco specialmente a Denis Gargaud), se pur con qualche vantaggio, sono crollati probabilmente per la troppa tensione e aspettava. Per dover di analisi c’è da sottolineare la particolarità del periodo vissuto che certo non ha avvantaggiato nessuno, ma se vogliamo ha messo tutti sullo stesso piano. Questi criteri vedevano dare vantaggi ad atleti che per la verità erano da tempo lontani dai podi che contano, fatta eccezione per Boris Neveu. La crisi della Francia parte da lontano, da quando cioè al vertice tecnico viene dato il ben servito a Bertrand Daille che viene sostituito da Richard Fox che, per la verità, in Francia ha vita breve e cioè fino al mondiale del 2019. Si cambia ancora struttura e direttore tecnico diventa Ludovic Roye, mentre per lo slalom si fa affidamento su Christoph Prigent, che era il direttore del Centro di allenamento di Pau, con un passato di alto livello nel kayak slalom. Marito di Marie Aghulon (che ha tracciato con Mark Delany il percorso a Tokyo, come già fecero per Rio 2016) è anche papà di Camile che è stata ad un nulla per qualificarsi per i Giochi e che rappresenta la vera sorpresa del post-covid. Ora imputare responsabilità a Ludovic Roye, dopo un anno e mezzo dal suo insediamento, sarebbe troppo banale e scontato, certo è che la Francia, già proiettata su Paris 2024, dovrà fare le sue considerazioni.
Chi invece ha fatto un full d’assi è stata la Germania presente su tutti i podi con la ciliegina sulla torta dell’oro nel Kayak femminile di Ricarda Funk, che si aggiunge ai tre bronzi rispettivamente di Andrea Herzog nel C1 donne, Sideris Tasiadis nel C1 uomini e Hannes Aigner nel kayak maschile. A differenza della Francia la Germania ha portato ai Giochi i 4 atleti che sicuramente erano i più quotati a livello nazionale, anche perché dietro a loro non c’è molta qualità, ma comunque hanno numeri che, da un certo punto di vista, li mette con il cuore in pace anche in previsione del futuro. Onestamente, bisogna dirlo, i tedeschi hanno avuto dalla loro tutte le costellazioni allineate perché i bronzi sono arrivati come meteoriti impazzite, specialmente quello di Tasiadis che, dopo aver qualificato la barca agli europei di Ivrea per 0,35 centesimi su Raffaello Ivaldi, sale sul podio olimpico per 16 centesimi!
Bilancio più che positivo per la Repubblica Ceca, Slovenia e Australia che vincono rispettivamente nel kappa uno uomini, canadese monoposto maschile, canadese monoposto femminile. La Repubblica Ceca poi prende pure l’argento nel C1 uomini con un Lukas Rohan artefice di una grandissima finale che, nonostante un tocco, riesce a far tremare l’imperatore Benjamin Savsek.
Bilancio positivo anche per la Spagna, diretta dal mio amico Guille Diez Canedo, che, oltre all’argento di Maialen Chourraut, ha preso tutte le finali, impresa non riuscita a molte squadre.
La Slovacchia manca la tradizionale della medaglia nella canadese uomini, ma si salva con l’argento nel kayak maschile e piazza tutti gli atleti in finale.
Inglesi d’argento nella canadese monoposto donne e con tutti le finali conquistate andando molto vicino al bronzo nel C1 uomini.
7 le nazioni che sono andate a podio sulle 34 presenti.
Una nota più che positiva e un bravissimo va a Viktoriia Us che a Tokyo prende due finali finendo settima nel C1 e ottava nel K1. L’atleta dell’Ucraina, che si allena e gareggia seguita dal papà, è cresciuta molto e bisogna renderle merito per la grandissima volontà nel portare avanti il suo sogno sportivo.
Occhio all’Onda!
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