Torna a splendere il sole a Bratislava per le prove di qualifica
Il podio del C1 a squadre nella prova di canoa discesa sprint |
Un bravo a Mattia Quintarelli, Tommaso Mapelli e Giacomo Bianchetti che ieri nella gara a squadre della canadese monoposto discesa sprint hanno portato a casa un bronzo prezioso. Colgo così l’occasione per spendere due parole su un mondiale in questa specialità che per la terza volta si affianca al mondiale dello slalom. L’avventura iniziò nel 2017 a Pau, poi ci fu La Seu d’Urgell e oggi Bratislava. L’idea di unire le due specialità era forse quella di incentivare l’interscambio di partecipazione, che fino ad oggi per la verità è ancora molto esigua, e quella di dare vita ad una manifestazione che non abbia tempi morti grazie al fatto che per cinque giorni il canale viene costantemente animato dalle canoe. Sono pochi però gli atleti che gareggiano sia nello slalom che nello sprint, il primo nome che mi viene in mente, ed è forse anche l’unico in campo maschile, è quello dello slovacco Matej Benus che prende il via sia in C1 slalom che in C1 sprint. Nel settore femminile ci sono solo le due Martine: Satkova e Wegman. La prima ceca la seconda olandese.
Vedo però già delle facce perplesse da parte di qualche attento lettore di lunga esperienza che sta pensando che l’idea di unire le due discipline non è certo un’invenzione dell’ultima ora! Infatti i mondiali di discesa festeggiano il loro esordio nel 1959 a Treignac in Francia e già dall’edizione successiva del 1961 si associano alle gare iridate fra i paletti e più precisamente a Hainsberg nella Germania dell’Est. Le due discipline praticamente rimasero unite fino al 1995 quando i Campionati del mondo di entrambe le specialità venivano assegnati ogni due anni. Dal 1996 le cose cambiano perché lo slalom, ogni 4 anni, ha i Giochi Olimpici, mentre la discesa decide si disputare un anno il mondiale di classica e l’anno successivo lo sprint ecco quindi che nel 2017, coincidendo con il mondiale di slalom, si propone una unica sede per entrambe le specialità.
Torniamo però allo slalom che con le qualifica di oggi qualche sorpresina ci è arrivata. Partiamo dal kayak donne dove esce di scena, decisamente a sorpresa, la neozelandese Luuka Jones, argento a Rio 2016 e bronzo al mondiale 2019 a La Seu d’Urgell, che il prossimo 18 ottobre avrà gli stessi anni in cui il nostro Signore Gesù ci lasciò per l’ascesa al cielo! La sua seconda manche, che avrebbe dovuto essere una sorta di pagaiata fartlek, è finita in malo modo, molto imprecisa ovunque per finire poi male al Niagara, concludendo con un andirivieni sull’ultima risalita. E pensare che la bionda pagatrice dell’Oceania aveva preso quest’anno tutte le finali di Coppa del Mondo e, finendo 6^ ai Giochi di Tokyo, avrebbe potuto essere una sicura protagonista a questo mondiale. Ora il bravo allenatore, nonché compagno di vita, Campbell Walsh dovrà cercare di consolarla e prepararla bene per le prove cronometrate dell’Extreme Slalom di domani per avere una sorta di rivincita su un mondiale iniziato male. Fuori nel kayak femminile anche la giovane e promettente Romane Prigent, mentre Marta Bertoncelli passa in semifinale con il decimo e ultimo tempo utile. Per l’Italiana una occasione in più per crescere in vista di un futuro in kayak. Non dico assolutamente nulla su Jessica Fox perché come sempre si conferma la migliore anche se ha cercato di rallentare la sua corsa in kayak in surplace, ma nonostante ciò il suo 89.10 è un gran tempo.
La più grande beffa però arriva dal numero 3 del ranking mondiale, nonché campione olimpico 2016 Joseph Clarke che, dopo una prima manche che lo esclude dal passaggio diretto in semifinale, si vede eliminato anche nei ripescaggi per un banalissimo ed inaspettato errore alla penultima porta quando viaggiava come un Freccia Rossa , con vantaggi vicino ai due secondi, verso il traguardo. Sembrava tutto ormai deciso, tanto che Rafal Polaczyk, che in quel momento era in decima posizione, si era già rassegnato ad una sua eliminazione. L’impossibile succede anche quando è impensabile che possa succedere e così quando dalla porta 21 Joe Clarke ruota le spalle verso valle per infilarsi nella 22 qualcosa non funziona: la sua canoa e lui con lei passano a destra della porta! Gli rimane solo il tempo per un ultimo urlo disperato e l’affannosa rimonta in mezzo alle acque del Danubio. Un Poseidone che non imbraccia il suo tridente, ma una pagaia in carbonio e a cavallo del suo delfino rigurgitato dal padre Crono, si dispera in una rimonta verso la porta mancata. Sulle tribune i pochi presenti fermano i respiri fino a quando all’unisono rompono il silenzio apocalittico increduli a ciò a cui hanno assistito; il suo 90.11 non ha più prove d’appello e non è sufficiente per entrare negli ultimi dieci k1 che agguantano viceversa la semifinale.
Tutto come previsto nella canadese femminile dove tra le big l’unica a dover presentarsi al via della seconda manche è Ana Satila. La sua voracità però nell’aggredire le porte regala una discesa eccezionale con un altrettanto tempo eccezionale. La prima manche ha visto una terna fantastica con Kimberly Woods prima, Mallory Franklin seconda e Jessica Fox terza.
Nei C1 uomini Alexander, mi verrebbe da aggiungere Magno, Slafkovsky nella sua discesa di qualifica ci ha dato la dimensione di che cosa è in grado di fare un C1 quando usa tutta la potenza dell’acqua a suo favore e il suo 83.96 ne è testimone per l’eternità. Nessuna eliminazione tra i top paddlers di questa specialità, quindi si prospetta una grande semifinale per domenica.
In casa Italia dispiace per l’eliminazione di Raffaello Ivaldi che non centra la semifinali per la prima volta in eventi iridati o continentali.
Occhio all’onda!
foto ufficio stampa organizzazione |
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