Vit Prindis capolavoro dell'arte moderna post comunismo
Domenica, uscendo dal parcheggio riservato alle squadre, ho incrociato Alexander Slafkovsky e mi sono fermato a fargli i complimenti scusandomi per non aver già provveduto il sabato: non ero riuscito più a vederlo dopo la sua gara; ho anche approfittato per ringraziarlo, visto che ci ha regalato una discesa pressoché perfetta con una eleganza unica e sublime come ho scritto a commento della finale dei C1 uomini. Prontamente l’atleta slovacco dalle lunghe leve e grande appassionato di sci d’alpinismo mi ha risposto : "thank you very much Ettore, it was a good run to look - poi un attimo di pausa e aggiunge - like today Vit". Ed in effetti anche Vit Prindis ha dominato la finale come i grandi campioni sanno fare. Tanto più se si considera che tra semifinale e finale si è migliorato di 2 secondi e 77 e se tralasciamo la piccola sbavatura in finale alla porta 10 in risalita, tra l’altro risolta con molta freddezza, possiamo annoverare la sua discesa tra i maggiori capolavori dell’arte moderna post rivoluzione comunista. 87.78 è un tempo stratosferico che gli fa mettere l’oro al collo con un vantaggio di quasi 2 secondi e mezzo sull’australo-francese Lucien Delfour che fino a questa gara certo non aveva brillato in Coppa del Mondo. Infatti, quest’ultimo, aveva ottenuto come miglior prestazione due 34esimi posti: il primo a Lee Valley e il secondo a Tacen, anche se per la verità in qualifica sembrava essere pronto ad un grande risultato: nella prima gara di coppa era quinto, poi a Bratislava secondo e ottavo a Tacen, mentre a Makkleeberg era dietro solo a Jiri Prskavec. Il ceco, neo papà, è sceso sempre spingendo ma a mio modo di vedere ha cercato troppo spesso le soluzioni estreme trovandosi in più di una occasione (vedi porta 10 o 12 o ancora traghetto 14/15) con la canoa piantata nell’acqua. Certo il praghese ha dalla sua dinamicità e soprattutto una incredibile motivazione che lo porta sempre a spingere al massimo ogni volta che scende in acqua sia in allenamento che in gara. Un atteggiamento sicuramente vincente, ma forse ancora alla ricerca definitiva di un un equilibrio generale che ancora gli manca. Che dire della finale nella canadese donne? Forse è il caso di sottolineare che è Jessica Fox a fare il bello e il brutto di questa specialità? Lei la gara la può solo perdere come ha fatto domenica toccando e aggiungendoci ben tre errori: il primo alla porta numero uno che tocca con la spalla sinistra, poi tra la 7 e la 8 quasi perde la pagaia e l’incertezza tra la 14 e la 15 le costa quei 16 decimi di distacco dalla vincitrice Nuria Vilarrubla che si aggiudica la gara dopo essere passata per la seconda manche di qualifica e con il quinto tempo in semifinale. Seconda è Tereza Fiserova a 0.04 dall’iberica. L’equazione logica quindi è: quando la bionda volpe australe fa di tutto per non vincere, per una serie di ancestrali motivi, il resto del mondo in rosa e in ginocchio deve essere pronto ad afferrare il mostro per le gambe e cercare di dare il meglio di sè considerando che le possibilità di farlo non sono molte, se il dominio della volpe rimane così forte e determinato! A Makkleberg, Jessica Fox, è salita per la 32esima volta sul podio di Coppa partendo dalla sua prima partecipazione e cioè dal 2010. Un palmares così suddiviso: tre bronzi, 5 argenti e 24 ori. Se poi, ai successi nella canadese, aggiungiamo anche quelli nel kayak allora i podi totali passano a 48 con la possibilità anche di arrivare a quota 50 entro fine settimana!
Occhio all’onda!
Il podio del K1 Men da sinistra Delfour (secondo con 90.21) al centro Prindis (vincitore con 87.78) a destra Prskavec (terzo con 90.32). |
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