La casa dov'è?
Per come la vedo io non è molto complicato: per far partire un progetto di sviluppo della canoa in Italia per i settori tecnici ci vuole buona volontà, idee pratiche, esperienza e soprattutto la voglia di fare.
Perché non si fa? Presto detto: perché non c’è la lungimiranza e il coraggio di farlo sia da parte degli organi competenti sia da parte di molti di noi!
La difficoltà nasce soprattutto dal fatto che un ex-atleta non vede nel suo futuro un ruolo da tecnico se non marginalmente, poiché non c’è una macchina operativa che già funziona, non può cioè inserirsi in un meccanismo già avviato e collaudato. L’ex-atleta con la vocazione dell’allenatore o del dirigente deve inventarsi praticamente tutto. Gli esempi che mi sono più vicini sono quelli di Vladi Panato che, chiusa l’attività, sta mettendo tutto se stesso nel Club, e Elena Bargigli (di lei ho già detto molto). Loro confermano quanto vi ho anticipato. Nel recente passato ci aveva provato, con ottimi risultati, Enrico Lazzarotto, poi si è visto costretto ad abbandonare perché quando sei troppo avanti non vieni capito e molti cercano di frenare il tuo istinto perché altrimenti il loro operato sparisce al confronto. Peccato, perché non funziona così, anzi dovrebbe essere l’esatto opposto: tu hai un’idea, io un’altra e avanti a migliorare assieme. Dal punto di vista dirigenziale, che è la stessa cosa per un tecnico, conosco bene Claudio Schermi che, nonostante una professione sicura e ben retribuita da commercialista, ha preferito abbandonarla ed investire sulla società e creare un vero è proprio sistema di sviluppo sportivo per la canoa: l’unico vero dirigente professionista che io conosca nel nostro settore. Così facendo ha messo assieme la sua triplice esperienza da ex-atleta, ex-tecnico e ora dirigente. Anche lui troppo avanti per essere capito e sostenuto.
Cito questi esempi per rendere più concrete le parole e le idee perché altrimenti restiamo sempre, può pensare qualcuno, campati in aria. Se poi questo concetto – investire su se stessi per investire nella canoa – lo verifichiamo all’estero i nomi sono molteplici: Cathy Hearn, Jerney Abramic, Michal Saiber, Miryam Jerusalmi, Jimmy Jayes, Roberto D’Angelo e tanti altri allenatori che seguono non solo squadre nazionali, ma anche club. Non sono cioè a contratto indeterminato, ma a scadenza. In poche parole non è il lavoro sicuro per tutta la vita.
Se noi guardiamo all’estero, come mi è stato chiesto di fare, scopriamo che il sistema è consolidato e soprattutto offre alternative a chi appende la pagaia al chiodo per restare operativo nell’ambiente. La Francia è sicuramente la nazione guida in questo cammino, ma non la sola, con gli oltre 20 centri di riferimento veri (non come quelli in Italia) dove un tecnico può effettivamente fare il tecnico per retribuzione percepita e per strutture. Quello che si è cercato di fare da noi per i centri di riferimento è assurdo. Prendere ad esempio Merano, centro di riferimento per lo slalom, il tecnico responsabile è Fabrizio Didonè con Tomas Waldner. Il primo è spesso via con la nazionale e Merano, se l’ha vista, è stato in occasione della gara internazionale di giugno. I finanziamenti percepiti sono meno di 5 mila euro e per il prossimo anno si abbassano a 2.900. Ora se la FICK e gli staff tecnici, nonché la commissione slalom, credono in quel progetto, visto che le strutture non mancano, dovrebbero investire molto di più e organizzare in ogni week-end raduni per i giovani e per i tecnici e nel periodo estivo un traning camp ad oltranza. Quel finanziamento è nullo perché non permette a nessuno di crederci. Come Merano c’è Ivrea e Subiaco con un finanziamento di 7.250 euro ridotti al 2010 a 3.750 e 3.250. Il totale tra tutti fa 19.250 e se lo dividiamo per 12 fa poco più di 1.600 euro al mese. Se questi soldi li diamo ad un tecnico a tempo pieno per seguire un solo centro secondo me si otterrebbe molto di più dal punto di vista tecnico, ma politicamente non rende!
Frazionare all’inverosimile i soldi porta poco o niente, ma tanti voti. Viceversa concentrare energie su un unico obiettivo si corre il rischio di raccogliere poco al momento della conta.
Il mio suggerimento è investire gli stessi soldi su un unico centro con un unico responsabile che organizzi sistematicamente attività in collaborazione con i tecnici sociali che troverebbero un preciso punto di riferimento certo e costante.
La Fidal che è una federazione enorme per numero di praticanti e strutture ha solo due centri quello di Formia (corse e salti) e Schio (lanci). Mi piace la filosofia per queste realtà:. “pochi e forti obiettivi: rappresentanza, coordinamento, attività di vertice”.
Non credo che si tratti di migliorare i corsi di formazione si tratta di offrire e stimolare tutti a credere nella nostra realtà per tiraci fuori la pagnotta di cui tutti noi ci nutriamo. Creare una sola struttura ed investire su quella per tirarci fuori atleti, tecnici, sostenitori.
Bisognerebbe spiegare a noi e alle Società quali sono i progetti e i programmi della Federazione, se mai ci fossero, visto che in 6 anni di gestione Baron si salta da un progetto all’altro senza concretizzare nulla. Per poterci credere e collaborare ognuno per la sua parte, bisognerebbe creare un sistema, un meccanismo, ma tuttavia assistiamo a delle incongruenze assurde. Piccoli esempi: il buon Didonè è responsabile del centro di riferimento di Merano, tecnico federale U23 ed è convocato in Australia per un raduno con 4 kayak uomini (di cui solo due U23) e 2 equipaggi del C2. Non sono convocati i due tecnici federali della canadese. Friz, come tutti noi lo chiamiamo, alle gare si occupa della parte video e della logistica oltre a guidare i mezzi e sistemare, all’occorrenza, eventuali emergenze. Per i 4 anni precedenti era il responsabile del settore femminile.
Un’altra faccenda che non capisco, nella canoa da velocità, è come Ezio Caldognetto, un amico fra le altre cose, sia il referente della canoa maratona e collaboratore tecnico per i kayak per i 200 mt. distanza recentemente introdotta ai giochi olimpici. E’ come se il grande Carlo Vittori avesse allenato Pietro Mennea e Gelindo Bordin. Quest’ultimo, tanto per la cronaca, era nato sotto la guida di Luciano Gigliotti e poi nel 1985 fino al suo ritiro nel 1990 fu seguito da Giovanni Ghidini.
Dicevo la Francia non è la sola nazione che ha un vero e proprio sistema organizzativo di prim’ordine nello sport. Anche la Germania ha sparsi sul territorio diversi ex-atleti che seguono i club e un mega centro nazionale: Augusburg. Recentemente hanno realizzato, per coprire la parte più a nord, il canale a Lepzig. La Repubblica slovacca concentra la sua attività principalmente a Liptovosky Mikulas e a Bratislava. Mentre l’attività giovanile ha la base a Dolny Kubin. Per i loro cugini Ceki il Centro è Praga sul canale di Troja, anche se sparsi per la nazione ci sono altre 3 o 4 belle realtà. I polacchi a Krakow con un canale in parte coperto durante l’inverno, mentre gli inglesi hanno il quartier generale a Nottingham e altri 2 canali in costruzione. Gli Americani a Charlotte, gli australiani a Penrith, gli sloveni a Tacen e Bocev, gli olandesi hanno il “Dutch Water dream”, gli spagnoli Seu e Zaragoza, i macedoni Skopje.
E noi? dov’è il nostro riferimento fisico della canoa slalom? Che fine stanno facendo le strutture costruite in Val di Sole per i mondiali del 1993? Perché non si organizza più nulla sul fiume Noce che ci invidiano in molti? A Papigno si è abbandonato tutto?
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Perché non si fa? Presto detto: perché non c’è la lungimiranza e il coraggio di farlo sia da parte degli organi competenti sia da parte di molti di noi!
La difficoltà nasce soprattutto dal fatto che un ex-atleta non vede nel suo futuro un ruolo da tecnico se non marginalmente, poiché non c’è una macchina operativa che già funziona, non può cioè inserirsi in un meccanismo già avviato e collaudato. L’ex-atleta con la vocazione dell’allenatore o del dirigente deve inventarsi praticamente tutto. Gli esempi che mi sono più vicini sono quelli di Vladi Panato che, chiusa l’attività, sta mettendo tutto se stesso nel Club, e Elena Bargigli (di lei ho già detto molto). Loro confermano quanto vi ho anticipato. Nel recente passato ci aveva provato, con ottimi risultati, Enrico Lazzarotto, poi si è visto costretto ad abbandonare perché quando sei troppo avanti non vieni capito e molti cercano di frenare il tuo istinto perché altrimenti il loro operato sparisce al confronto. Peccato, perché non funziona così, anzi dovrebbe essere l’esatto opposto: tu hai un’idea, io un’altra e avanti a migliorare assieme. Dal punto di vista dirigenziale, che è la stessa cosa per un tecnico, conosco bene Claudio Schermi che, nonostante una professione sicura e ben retribuita da commercialista, ha preferito abbandonarla ed investire sulla società e creare un vero è proprio sistema di sviluppo sportivo per la canoa: l’unico vero dirigente professionista che io conosca nel nostro settore. Così facendo ha messo assieme la sua triplice esperienza da ex-atleta, ex-tecnico e ora dirigente. Anche lui troppo avanti per essere capito e sostenuto.
Cito questi esempi per rendere più concrete le parole e le idee perché altrimenti restiamo sempre, può pensare qualcuno, campati in aria. Se poi questo concetto – investire su se stessi per investire nella canoa – lo verifichiamo all’estero i nomi sono molteplici: Cathy Hearn, Jerney Abramic, Michal Saiber, Miryam Jerusalmi, Jimmy Jayes, Roberto D’Angelo e tanti altri allenatori che seguono non solo squadre nazionali, ma anche club. Non sono cioè a contratto indeterminato, ma a scadenza. In poche parole non è il lavoro sicuro per tutta la vita.
Se noi guardiamo all’estero, come mi è stato chiesto di fare, scopriamo che il sistema è consolidato e soprattutto offre alternative a chi appende la pagaia al chiodo per restare operativo nell’ambiente. La Francia è sicuramente la nazione guida in questo cammino, ma non la sola, con gli oltre 20 centri di riferimento veri (non come quelli in Italia) dove un tecnico può effettivamente fare il tecnico per retribuzione percepita e per strutture. Quello che si è cercato di fare da noi per i centri di riferimento è assurdo. Prendere ad esempio Merano, centro di riferimento per lo slalom, il tecnico responsabile è Fabrizio Didonè con Tomas Waldner. Il primo è spesso via con la nazionale e Merano, se l’ha vista, è stato in occasione della gara internazionale di giugno. I finanziamenti percepiti sono meno di 5 mila euro e per il prossimo anno si abbassano a 2.900. Ora se la FICK e gli staff tecnici, nonché la commissione slalom, credono in quel progetto, visto che le strutture non mancano, dovrebbero investire molto di più e organizzare in ogni week-end raduni per i giovani e per i tecnici e nel periodo estivo un traning camp ad oltranza. Quel finanziamento è nullo perché non permette a nessuno di crederci. Come Merano c’è Ivrea e Subiaco con un finanziamento di 7.250 euro ridotti al 2010 a 3.750 e 3.250. Il totale tra tutti fa 19.250 e se lo dividiamo per 12 fa poco più di 1.600 euro al mese. Se questi soldi li diamo ad un tecnico a tempo pieno per seguire un solo centro secondo me si otterrebbe molto di più dal punto di vista tecnico, ma politicamente non rende!
Frazionare all’inverosimile i soldi porta poco o niente, ma tanti voti. Viceversa concentrare energie su un unico obiettivo si corre il rischio di raccogliere poco al momento della conta.
Il mio suggerimento è investire gli stessi soldi su un unico centro con un unico responsabile che organizzi sistematicamente attività in collaborazione con i tecnici sociali che troverebbero un preciso punto di riferimento certo e costante.
La Fidal che è una federazione enorme per numero di praticanti e strutture ha solo due centri quello di Formia (corse e salti) e Schio (lanci). Mi piace la filosofia per queste realtà:. “pochi e forti obiettivi: rappresentanza, coordinamento, attività di vertice”.
Non credo che si tratti di migliorare i corsi di formazione si tratta di offrire e stimolare tutti a credere nella nostra realtà per tiraci fuori la pagnotta di cui tutti noi ci nutriamo. Creare una sola struttura ed investire su quella per tirarci fuori atleti, tecnici, sostenitori.
Bisognerebbe spiegare a noi e alle Società quali sono i progetti e i programmi della Federazione, se mai ci fossero, visto che in 6 anni di gestione Baron si salta da un progetto all’altro senza concretizzare nulla. Per poterci credere e collaborare ognuno per la sua parte, bisognerebbe creare un sistema, un meccanismo, ma tuttavia assistiamo a delle incongruenze assurde. Piccoli esempi: il buon Didonè è responsabile del centro di riferimento di Merano, tecnico federale U23 ed è convocato in Australia per un raduno con 4 kayak uomini (di cui solo due U23) e 2 equipaggi del C2. Non sono convocati i due tecnici federali della canadese. Friz, come tutti noi lo chiamiamo, alle gare si occupa della parte video e della logistica oltre a guidare i mezzi e sistemare, all’occorrenza, eventuali emergenze. Per i 4 anni precedenti era il responsabile del settore femminile.
Un’altra faccenda che non capisco, nella canoa da velocità, è come Ezio Caldognetto, un amico fra le altre cose, sia il referente della canoa maratona e collaboratore tecnico per i kayak per i 200 mt. distanza recentemente introdotta ai giochi olimpici. E’ come se il grande Carlo Vittori avesse allenato Pietro Mennea e Gelindo Bordin. Quest’ultimo, tanto per la cronaca, era nato sotto la guida di Luciano Gigliotti e poi nel 1985 fino al suo ritiro nel 1990 fu seguito da Giovanni Ghidini.
Dicevo la Francia non è la sola nazione che ha un vero e proprio sistema organizzativo di prim’ordine nello sport. Anche la Germania ha sparsi sul territorio diversi ex-atleti che seguono i club e un mega centro nazionale: Augusburg. Recentemente hanno realizzato, per coprire la parte più a nord, il canale a Lepzig. La Repubblica slovacca concentra la sua attività principalmente a Liptovosky Mikulas e a Bratislava. Mentre l’attività giovanile ha la base a Dolny Kubin. Per i loro cugini Ceki il Centro è Praga sul canale di Troja, anche se sparsi per la nazione ci sono altre 3 o 4 belle realtà. I polacchi a Krakow con un canale in parte coperto durante l’inverno, mentre gli inglesi hanno il quartier generale a Nottingham e altri 2 canali in costruzione. Gli Americani a Charlotte, gli australiani a Penrith, gli sloveni a Tacen e Bocev, gli olandesi hanno il “Dutch Water dream”, gli spagnoli Seu e Zaragoza, i macedoni Skopje.
E noi? dov’è il nostro riferimento fisico della canoa slalom? Che fine stanno facendo le strutture costruite in Val di Sole per i mondiali del 1993? Perché non si organizza più nulla sul fiume Noce che ci invidiano in molti? A Papigno si è abbandonato tutto?
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
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