Consapevolezza della distanza e finalità dell'allenamento
Ho due approfondimenti da fare o meglio il primo è una considerazione tecnica il secondo è l'eterna domanda sull'efficacia dell'allenamento.
Andiamo per ordine e prendiamo le "distanze" si fa per dire per parlare dell'argomento tecnico del giorno per l'appunto "distanze". Lo slalom si fa sull'acqua che corre e il gioco è passare in mezzo a delle porte che hanno una larghezza minima di 120 centimetri. Diventa fondamentale per un atleta raffinare la capacità di capire a quanto si trova dai pali per gestire questi spazi attivamente. Quindi le distanze dai pali diventano fondamentali per lavorare in quell'area specifica. Ogni atleta deve crearsi i suoi riferimenti rispetto ai pali e allenarli costantemente. Diverso è affrontare un'entrata in una risalita con la capacità di essere attivo nel gestire la distanza dal palo, altra cosa è entrare e spararci dentro senza la cognizione di capire la posizione del proprio corpo rispetto allo stesso palo di riferimento. Aspetti che definirei come consapevolezza e capacità di gestione contro improvvisazione e fortuna. Da che cosa si capisce se un atleta ha fatto sua questa qualità? Osservandolo in allenamento possiamo semplicemente rilevare le penalità che diventeranno il nostro metro per misurare la sua capacità a gestire per l'appunto le distanze dai pali oppure no.
In relazione a tutto ciò nasce spontanea la domanda sull'efficacia di alcuni tipi di allenamento fisico fatti tra le porte dello slalom e magari su canali impegnativi dove visivamente si nota nell'atleta lo scadimento tecnico. Ho chiara la risposta che potrebbe darci Ron Lugbill a questa domanda considerando il fatto che rischiamo di allenare l'errore o meglio allenare un gesto tecnico che poi non dovrebbe essere quello che utilizziamo in gara, ma che proprio per questa filosofia lo si vede riprodotto, con effetti negativi, pure in competizione.
Forse troppo spesso gli allenatori propongo agli atleti tipologie di allenamento tra le porte senza tenere in vera considerazione la loro risposta tecnica in relazione poi a quelle che saranno le specifiche situazioni di gara. La tecnica, a mio modo di vedere, va allenata costantemente e dovrebbe diventare il lavoro centrale della giornata su cui poi si costruiscono di contorno gli eventuali e diversificati lavori fisici.
Occhio all'onda!
Andiamo per ordine e prendiamo le "distanze" si fa per dire per parlare dell'argomento tecnico del giorno per l'appunto "distanze". Lo slalom si fa sull'acqua che corre e il gioco è passare in mezzo a delle porte che hanno una larghezza minima di 120 centimetri. Diventa fondamentale per un atleta raffinare la capacità di capire a quanto si trova dai pali per gestire questi spazi attivamente. Quindi le distanze dai pali diventano fondamentali per lavorare in quell'area specifica. Ogni atleta deve crearsi i suoi riferimenti rispetto ai pali e allenarli costantemente. Diverso è affrontare un'entrata in una risalita con la capacità di essere attivo nel gestire la distanza dal palo, altra cosa è entrare e spararci dentro senza la cognizione di capire la posizione del proprio corpo rispetto allo stesso palo di riferimento. Aspetti che definirei come consapevolezza e capacità di gestione contro improvvisazione e fortuna. Da che cosa si capisce se un atleta ha fatto sua questa qualità? Osservandolo in allenamento possiamo semplicemente rilevare le penalità che diventeranno il nostro metro per misurare la sua capacità a gestire per l'appunto le distanze dai pali oppure no.
In relazione a tutto ciò nasce spontanea la domanda sull'efficacia di alcuni tipi di allenamento fisico fatti tra le porte dello slalom e magari su canali impegnativi dove visivamente si nota nell'atleta lo scadimento tecnico. Ho chiara la risposta che potrebbe darci Ron Lugbill a questa domanda considerando il fatto che rischiamo di allenare l'errore o meglio allenare un gesto tecnico che poi non dovrebbe essere quello che utilizziamo in gara, ma che proprio per questa filosofia lo si vede riprodotto, con effetti negativi, pure in competizione.
Forse troppo spesso gli allenatori propongo agli atleti tipologie di allenamento tra le porte senza tenere in vera considerazione la loro risposta tecnica in relazione poi a quelle che saranno le specifiche situazioni di gara. La tecnica, a mio modo di vedere, va allenata costantemente e dovrebbe diventare il lavoro centrale della giornata su cui poi si costruiscono di contorno gli eventuali e diversificati lavori fisici.
Occhio all'onda!
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