Ciao mitico Milo Duffek !

 


Il 25 febbraio di quest’anno a 95 anni ci ha lasciato una delle leggende della canoa slalom: il suo nome è Miloslav Duffek, ma è conosciuto soprattutto come Milo.
Grazie ad alcune testimonianze e articoli vari,  ho raccolto i ricordi che seguono su questo grande campione, ma soprattutto su un grande uomo, che ha cercato e trovato la sua libertà, rinunciando ad un titolo iridato e fama in una Patria in cui non si identificava.

Milo Duffek, emigrante cecoslovacco, è divenuto famoso non solo per la storia della sua emigrazione, per la quale rinunciò volontariamente al titolo di campione del mondo, ma anche per la sua  rivoluzionaria tecnica nel guidare il kayak.
Fu proprio Milo il primo a fare l’eskimo solo con le mani, ma la sua grande invenzione fu il cosiddetto colpo di Duffek. Dopo l’emigrazione, Milo ha vissuto in Svizzera con la moglie Irmgard, conosciuta in un laboratorio fotografico dove lavoravano entrambi, la loro fu una unione forte che durò  fino alla fine della sua vita. Nel 2013, alla fiera della canoa al «Padelle Expo di Monaco», in Germania, fu inserito nella International Whitewater  «Paddle Hall of Fame»
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Walter Kirschbaum, campione del mondo a Merano nel 1953, confessa a America Whitewater nell’autunno del 1958:"
Ai mondiali di Merano in Italia, eravamo tutti attratti da lui,  perché guardare Milo Duffek in azione era scoprire qualche cosa di completamente nuovo e sconosciuto. Guidava la sua canoa tra le porte in modo due volte più efficace di chiunque altro grazie al suo Duffek Stroke. Apprezzavamo il suo stile straordinario e acrobatico, ma ci siamo sentiti piuttosto disperati, tanto da pensare che non fosse vero:  questa era decisamente una rivoluzione per il nostro sport. A Merano siamo stati fortunati perché il ragazzo ceco, per un nulla, ha perso la porta numero 14, perché altrimenti ci avrebbe battuto tutti di un’eternità ". (Milo Duffek terminò quel mondiale 27^ ndr).

Milo Duffek era figlio di dottori e cioè dei nemici della classe e, di conseguenza, dopo il colpo di Stato, non gli fu permesso di fare molte cose, eppure era eccellente in molti sport, e si formò alla scuola di insegnanti. Iniziò con la canoa da velocità e si qualificò più volte a gare internazionali in URSS, Polonia e Ungheria, ma la Cecoslovacchia non lo mandò mai a gareggiare. Si innamorò della canoa su acque selvagge un giorno di maggio a Praga dove vide in una sfilata questa specialità. Alla fine ha iniziato a cavalcare le acque bianche e ben presto si è distinto così tanto che, nonostante la sua riprovevole origine di classe, due prestigiosi Club nazionali hanno subito iniziato a fargli la corte: il Dukla dell’esercito e la Stella Rossa della polizia e, visto che aveva una grossa esperienza con la sorveglianza della polizia e il bullismo, scelse la Stella Rossa. Fin dal primo giorno in nazionale, però, nella sua testa c’era un solo pensiero: andare in Occidente nel mondo libero. Si dedicò all’allenamento sacrificando tutto , rinunciando di vincere il campionato del mondo per il suo obiettivo principale.

MILO COM’É INIZIATA LA TUA STORIA DELLA TUA LEGGENDARIA FUGA IN OCCIDENTE?

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Inizia nel 1951 ai mondiali in Austria quando mi resi conto che mi sarebbe piaciuto restare lì, ma non ero ancora pronto e sono tornato a casa.Nel ’52 eravamo a Lipsia nella Germania dell’Est per le gare e poi siamo andati, su invito,  a Berlino per il decathlon. Qui ho trascorso l’intera giornata nella metropolitana maturando l’idea di restare lì, ma a casa non avevo detto nulla, così scartai questa idea. Nel ’53, quando gareggiavo per la Stella Rossa, non sapevo se potevano farmi uscire (per i campionati del mondo in Italia a Merano ndr), avrei potuto solo se a Liptovsky Hradek avessi vinto sugli atleti della Germania dell’Est e così quella gara diventa la più importante della mia vita e questo lo ricordo molto bene fino ad oggi. La vinsi e capii anche che sarei rimasto lì, non sarei più ritornato".

QUINDI TI SEI QUALIFICATO PER IL CAMPIONATO DEL MONDO E HAI OTTENUTO IL PERMESSO PER ANDARE, MA QUESTO NON SIGNIFICAVA CHE AVRESTI VINTO

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Ai mondiali di Merano sono andato osservato a vista da un agente di polizia che veniva da  Rudý Hvězda e si chiamava Makalouš. Lui dormiva in stanza con me, mangiavamo assieme, mi aiutava a salire in barca, mi recuperava a fine allenamento, diciamo che  non si allontanava mai da me. Solo quando ero sul fiume potevo avere dei contatti ed è qui che ho conosciuto gliatleti svizzeri che mi ammiravano per come guidavo la mia imbarcazione. Io non parlavo né  tedesco né francese, ci capivamo esprimendoci con le mani e concordammo che dopo il mondiale mi avrebbero portato con loro. Una settimana di prove e poi le gare ed è arrivata la parte più difficile. Sapevo che se avessi vinto avrei attirato su di me troppa attenzione quindi decisi di non provarci nemmeno a vincere,  così non presi la porta numero  14 che era molto facile, quasi impossibile da non fare. Terminai la prova con il miglior tempo ma con 100 penalità quindi  finii nelle retrovie.  É stata una scelta tra vittoria o libertà".

Si è discusso molto sul fatto che Duffek mancò il passaggio alla porta 14 perché era veramente una porta facile nell’unico tratto di fiume Passirio con acqua piatta. Da quello che si racconta sembra che lui sia arrivato in prossimità della porta e che coscientemente ne sia rimasto fuori, tanto che la cosa sembrò molto strana a molti

TU LO SAPEVI QUESTO?

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Ho pensato che se non avessi vinto non ci sarebbe stata tanta attenzione nei miei confronti, com’è c’è stata invece per gli atleti della Cecoslovacchia che avevano vinto con una festa la sera stessa"(2^ nel C1 maschile Jarolsav Vána, 3^ nel kayak femminile Dana Martanová; 1^ a squadre K1 donne, e C1 uomini; bronzo nel C2 a  squadre ndr).  

Ci sono due versioni della fuga di Milo Duffek. La prima racconta che chi lo doveva controllare, e cioè l’ufficiale di polizia Makalouš, si lascò andare alla festa per le vittorie e il campione cecoslovacco, appena si accorse che il suo controllore era ubriaco, corse in bagno e fuggì dalla finestra.
La seconda invece racconta che sempre l’ufficiale di polizia, nella mattina del  giorno del rientro a casa, disse a Milo di andare a ripiegare
** il suo kayak e di prepararsi per partire, lui avrebbe dovuto saldare i conti dell’albergo. Milo in quel momento era vestito con la tuta e ai piedi aveva un paio di stivali di gomma, al collo portava la macchina fotografica Leica. Uscì e andò direttamente dagli svizzeri che lo hanno caricato sul camion ricoprendolo con un telone e partirono. É stato un attimo e già gli davano la caccia per la piccola cittadina del Sud-Tirol, ma il destino ha voluto che lui riuscisse nel suo intento di scappare.

SEI ARRIVATO IN SVIZZERA ABBASTANZA FACILMENTE. DOVE TI SEI STABILITO UNA VOLTA ARRIVATO?

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Arrivato a Ginevra non avevo idea di che cosa avrei fatto. Prima cosa ho dovuto imparare il tedesco. Il primo lavoro fu caricare e trasportare carbone e la cosa mi andava bene perché era un ottimo allenamento".

SEI RIUSCITO A CONTINUARE A GAREGGIARE IN SLALOM?

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Si certamente e la mia prima gara internazionale fu a Ulm dove la gente non mi conobbe se non dopo aver vinto quella gara e per il mio modo di portare la canoa con quel tipo di pagaiata così diversa dalla comune tecnica".

COME HAI CAPITO E COME HAI INVENTATO QUESTO TIPO DI PAGAIATA?

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Per la verità molto per caso: ero in gara a Děčín nel 1950 e per caso uscito da una porta stavo per cadere in acqua e così per rimediare mi sono allungato moltissimo e continuando a guidare la mai barca con le gambe riuscii a rimettermi in assetto. Da quel momento in poi ho iniziato a provare e riprovare e ha iniziato a funzionare".

Che cosa è stato e che cosa è effettivamente il Duffek Stroke lo spiega bene Bill Endicott in un articolo apparso nel sito del Carolina Canoe Club il 21 dicembre del 2022 a firma di Alton Chewning.
Chi fosse interessato nell’approfondire l’argomento può andare su questo sito e leggere il post completo, in basso trovate il ink di riferimento. Possiamo però sintetizzare dicendo che Duffek, grazie al suo appoggio in acqua con la pagaia riusciva a lavorare molto bene anche con la parte inferiore del corpo e nello stesso tempo aveva un equilibrio eccezionale per inclinare la sua barca all’interno dello spostamento. In questo modo, teniamo presenti la forma della canoa di quei tempi le foldboat, il suo scafo è molto veloce e  presta una minor resistenza nelle manovre di spostamento. Mi piace l’osservazione di Larry Ausley, un istruttore ACA, che dice:  "
considero il Duffek più una manovra rispetto a definirlo un colpo perché viene ad essere interessato e attivato tutto il corpo".  Sicuramente Duffek fu il primo ad essere un tutt’uno con la sua canoa anche per il  molto tempo trascorso in acqua ad allenarsi. Lui poteva inclinare così tanto la sua barca e guidarla in questo modo che pochi altri lo sapevano imitare.
Un’altra cosa interessante da sottolineare  è che nel nostro sport non ci sono molte manovre che prendono il nome da una persona che l’ha eseguita per la prima volta.  Forse l’altro unico caso è quello di Edi Hans Pawlata (1900 - 1966) che, come si racconta, nel 1927 introdusse in Europa la manovra dell’eskimo e quindi si parla di Pawlata role. Anche nel Kayak Extreme non c’è questa tradizione, ad esempio Aniol Serrasolses, uno tra i più grandi se non il più grande canoista estremo, che saltando dalle cascate inventò il  giro aereo, o più giri completi,  non ha battezzato la manovra con il suo nome, ma come: "Cobra Flip".

MILO COME SEI DIVENTATO FAMOSO IN AMERICA?

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Nel 1964 fui invitato per allenare la nazionale e sono stato lì per circa due mesi e quasi ogni giorno in un posto diverso. In Colorado ho fatto una uno show per la televisione sul fiume Feather in California, un fiume che non esiste più per la costruzione di una diga. L’idea era quella che io dovevo scendere come gli indiani senza salvagente solo a petto nudo e dovevo fare l’eskimo solo con le mani e così feci: cavalcai quelle onde e su una di esse ho lanciato la mia pagaia in aria e ho fatto un eskimo senza pagaia, per questo motivo sono diventato famoso negli States".

Gli americani si appassionarono tanto a lui che la rivista Whitewater gli dedicò parecchi servizi e scrisse  addirittura una sceneggiatura per un film su di lui. Oggi è conservata al Museo della Canoa a Monaco. Lui non rilasciò mai una intervista a parte a Radio Svobodná Europa, dove fu invitato nel 1954 e solo Hydro fu la prima rivista che potè pubblicare un’intervista a Milo Duffek.


Il campione cecoslovacco quindi dopo la sua fuga si stabilì in Svizzera e già nel 1955 si presentò ai campionati del mondo a Tacen, al tempo Yugoslavia, dove arrivò 2^, fu 4^ nel 1959 a Genf (SUI) per un solo decimo. Si ritirò dopo il mondiale di Spittal nel 1965. Si dedicò anche ad altri molti sport come la pallavolo, deltaplano, windsurf e anche le immersioni. Insomma un grande atleta, ma soprattutto un grande uomo. Io ho avuto modo di scambiare con lui qualche scritto, ci siamo conosciuti attraverso Facebook in questi ultimi anni ed è stato da subito un feeling immediato. 

Che la terra ti sia lieve e noi canoisti ogni volta che faremo un Duffek sarà come mandarti un bacio ovunque tu sia! 

Occhio all'onda!


Questo articolo è stato possibile scriverlo grazie alle informazioni acquisite in varie occasioni e in alcuni specifici articoli , principalmente:

- attraverso l’intervista rilasciata da Milo agli editori di Hydro Magazine nel 2005  e  poi  pubblicata nel 2006

- https://www.carolinacanoeclub.org/content/the-duffek-maneuver/

- "The river master" by W.T.Endicott

- avevo in parte già trattato l’argomento in un precedente post pubblicato sul mio blog il 13 dicembre 2016 dal titolo: "Duffek o aggancio come lo si voglia chiamare"  

 

*  https://www.carolinacanoeclub.org/content/the-duffek-maneuver/

** foldboat le canoe che avevano una struttura in legno e poi ricoperte con una tela impermeabile. Potevano essere smonate e ripiegate.

 


 

Commenti

  1. Excelente información. Gracias!

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  2. Un po' di tempo fa sono stato a Berlino e proprio guardando ciò che resta del muro in prossimità di Check Point Charlie mi sono soffermato a guardare questo museo a cielo a aperto con le drammatiche storie di chi si ingegnava e sfidava il regime con rocambolesche fughe verso la libertà. Mi è tornata alla mente la storia di Duffek che ci raccontavi in qualche interminabile viaggio sul Ford transit del mitico Canoa Club Verona per raggiungere non so più quale campo di gara. Qualche volta mi ritrovo sulla sponda del fiume guardando mio figlio Stefy pagaiare tra le porte e di proposito chiamo quella preziosa manovra col suo nome originale. Duffek ha quel merito delle persone geniali che riescono legare un oggetto, uno strumento, una struttura (nel suo caso una tecnica) al proprio nome, rendendolo così eterno.

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