Campionati del mondo slalom: le prime riflessioni e analisi
Da sinistra la mamma del campione del mondo che ha in braccio il figlio Jiří. Alla sua sinistra la sua compagna e mamma del piccolo, mentre a destra papà Jiří. Anche il nonno si chiama Jiří ! |
Tre gli elementi eclatanti che hanno dato a questa edizione iridata una vera e propria identità: il trionfo annunciato di Jiří Prskavec, la vittoria di Eva Tercedj nel kayak femminile e l’exploit della squadra Spagnola. Dal punto di vista delle squadre possiamo decisamente dire che Germania, Francia e Gran Bretagna sono rimaste lontane dal loro potenziale.
Iniziamo con Jiří Prskavec. Per il campione ceco confermarsi ai vertici non era assolutamente facile, soprattutto quando vieni dato per favorito numero uno. Gli esempi in negativo sono molti basta pensare a Peter Kauzer che a Tacen nel 2010 che davanti alla sua gente e alla sua fedele tifoseria era dato per assoluto favorito per la conquista del titolo. Eppure in quell’occasione il campione sloveno si perse tra le porte del campo da slalom che lo ha visto crescere e vincere tanto e a lungo. Daniele Molmenti fu decisamente bravo a sfruttare l'opportunità per vincere il suo titolo iridato alla grande davanti a Hradilek e Meglic, mentre Stefano Cipressi, al suo ultimo mondiale in kayak, chiuse in ottava posizione.
Certo Prskavec non era in casa e forse questo gli ha reso le cose più facili, circondato solo dalla sua famiglia e dall’amore del suo bebè che certo lo teneva impegnato tra un allenamento e l’altro. Per la verità Prskavec, solo tre settimane prima, nella finale di Coppa del Mondo nella sua Praga sul campo di Troja, aveva vinto dominando la gara a suo piacimento. Qeusto è stato il giusto biglietto da visita per presentarsi a La Seu come l’uomo da battere dopo due anni di digiuno di vittorie. In Spagna, il già campione del mondo 2015 e il detentore delle ultime due edizioni di Coppa del Mondo, è arrivato presto con la sua auto con tanto di sue effigi e autografata con a bordo la mamma fisioterapista, il papà allenatore e la compagna nonché mamma del suo Jiří Junior oltre ovviamente a: borse, passeggini, biberon, pannolini e l’immancabile bianca-celeste canoa. L’ho visto spesso in allenamento sul canale catalano nelle settimane precedenti alla gara e mi ha impressionato per precisione e velocità. Tutti lavori con molto recupero con video e molte volte guardato dopo ogni prova. Non c’era nessun gesto esagerato, nessuna prova di forza, si percepiva una grande concentrazione in ogni seduta e una ricerca spasmodica sull’intensità nel colpo. Questo atleta, classe 1993, negli anni è maturato molto grazie ad una costante ricerca del gesto tecnico. L’arma vincente, a mio modestissimo avviso, è stata la sua determinazione e la capacità di contenere la sua esuberanza agonistica che nel passato lo ha portato sì a tanti successi, ma lo ha pure tradito in più di una occasione. In qualifica ha una prima parte molto veloce, poi al ponte, uscendo dalla risalita di destra, è leggermente in ritardo e la cosa si protrae fino all porta 19. Prima della 20 ha un sussulto, probabilmente la sua idea era quella di farla dritta come Kauzer e Prindis, ma il colpo di destro non tiene la sua punta in linea con corrente e morta. Quindi si vede costretto a cambiare strategia all’ultimo e optare per una retro, che per la verità non gli riesce troppo bene. Chiude la gara in quinta posizione a 1.61 da un Grigar ritrovato. In semifinale ha un solo obiettivo e cioè quello di raggiungere la finale per giocarsi le medaglie. 104 pagaiate e tre spinte sul muro: la prima di sinistro alla 5 risalita, la seconda di destro alla 10 in risalita e subito dopo di destra ancora per proiettarsi fuori dalla 11. Nella sua discesa non ci sono sbavature così come nella sua finale dove riesce a migliorarsi di 8 centesimi. C’è un cambio di strategia alla risalita 11 dove in finale non si spinge sul muro e entra ed esce con un Duffek proiettandosi in avanti con tutto il peso per non toccare il palino interno. Al ponte, e cioè alla sponda, in finale fa decisamente meglio: non viene fermato dal ritorno d’acqua come invece era successo nella fase precedente. Arriva il grande rischio all’ultima risalita di sinistra la numero 20 dove la barca si ferma, Jiří pennella il palo di sinistra guardandolo, poi insiste con la pagaiata larga di destro, pianta la coda ed esce verso la 21 con qualche fatica in più rispetto alla semifinale. Riesce a riposizionarsi velocemente sull’acqua più veloce e riprendendo padronanza del mezzo chiude la gara fermando i cronometri dopo 84 secondi e 26 centesimi dalla sua partenza sufficienti per vincere una gara che già da tanti (tecnici, atleti, giornalisti) veniva assegnata a lui.
Chi invece nella finale iridata di La Seu d’Urgell ha lasciato tre anni di lavoro, ma soprattutto la possibilità di disputare un’altra Olimpiade da protagonista, è stato Joseph Clarke che butta al vento risultato e qualifica per Tokyo 2020. Il britannico 26enne tocca prima la risalita 11, il palo interno entrando, ma rimane in corsa per le medaglie. Poi c’è ancora una penalità con la punta alla discesa 19 e qui il campione olimpico di Rio 2016 abbandona ogni speranza di salire sul podio ed esce in pratica automaticamente dalla squadra GB olimpica visto che a prendersi il posto sarà Bradley Forbes-Cryans. Infatti, in base ad una serie di punteggi interni inglesi, il suo quarto posto in finale gli permette di realizzare il sogno a cinque cerchi restando davanti di 79 centesimi al suo compagno di squadra Clarke. Il cammino del 24enne, nato in Scozia a Edimburgh, ma residente da tempo a Lee Valley dove cioè c’è il canale olimpico, non è stato sicuramente facile considerando che alle selezioni inglesi era dietro a Clarke, poi in Coppa centra solo una finale quella di Tacen che chiude in quinta posizione. Eppure il complesso sistema inglese per decidere chi andrà a Tokyo 2020 gli permette di centrare l’obiettivo solo per il fatto di restare davanti al compagno di squadra, decisamente più titolato di lui, al mondiale spagnolo. Un sistema che ha escluso dai Giochi pure David Florence che a La Seu è l’unico del suo paese in finale, ma ha la sfortuna di finire sesto che significa restare a casa dalle Olimpiadi. Ci andrà in C1 per i sudditi di sua maestà la Regina un certo Adam Burgess. Certo è che non avere Joe Clarke al via nella gara olimpica fa tirare il fiato a tanti atleti e rende le cose più facili per tutti.
La vera battaglia si è vista però in semifinale considerando che nessun atleta è riuscito ad entrare in finale con penalità. 10 finalisti tutti con zero. Anche lo stesso campione del mondo uscente, Hannes Aigner, che fa registrare un tempo stratosferico 83.22, è costretto a guardare la finale dagli spalti per il tocco alla 3, dovuto probabilmente ad una scelta di linea decisamente azzardata. In finale ci sono 3 atleti con 84 secondi divisi tra di loro da pochi centesimi, poi 4 con 85 secondi e anche qui divisi da pochi centesimi e altri 3 con 86, lasciando fuori il francese Burgi che fa registrare 86.62 a 21 centesimi dal passaggio del turno. Poi rimangono fuori pure altri tre atleti (De Gennaro, Oschmautz e Ivaldi) che hanno un 85, ma i primi due con 1 tocco e il terzo con 2 tocchi, tutte penalità sfiorate e una assegnata dal Video Judge. Una gara decisamente tirata la semifinale iridata considerando il fatto che in tutte le altre gare di coppa si sono prese finali anche con una penalità. Questo ci fa capire il livello di attenzione e precisione che c’è stato in questo Campionato del Mondo. Finale k1 uomini con due atleti cechi, due inglesi, due spagnoli e uno per Slovacchia, Australia, Russia e Portogallo. In chiave olimpica salta all’occhio la mancata qualifica della Polonia, infatti era passato in semifinale solo Michal Pasiut, e questa già era una grande sorpresa poichè l’esperto Dariusz Popiela (secondo agli Europei a Pau a soli 82 centesimi dal vincitore Prindis) e il giovane Krzysztof Majerczak (10^ in finale agli Euro 2019) si erano fermati in qualifica con due manche praticamente disastrose. La cosa desta ancora più imbarazzo dopo la medaglia di bronzo che i tre polacchi avevano conquistato nella gara a squadre dietro a Spagna, oro, e alla Repubblica Ceca.
Pasiut, fidanzato con Wiki Wolffhardt (anche lei esce male da questo mondiale, ma ne parleremo a suo tempo), in semifinale prende un 50 alla 17 e un tocco alla 11. Un salto di porta ad una discesa che è costata pure la « testa » a Peter Kauzer con l’unica differenza che al polacco la massima penalità è stata data subito dal giudice sulla riva, mentre allo sloveno è arrivata più tardi dal Video Judge. C’è da dire però che anche senza il 50 il tempo di Kauzer non gli avrebbe permesso di entrare in finale, infatti il suo 86.97 con zero sarebbe stato l’11 tempo.
Una considerazione deve essere fatta anche sugli italiani in gara che hanno conquistato la quota olimpica per esser al via a Tokyo 2020.
De Gennaro e Ivaldi sono stati decisamente penalizzati dai tocchi di porta, considerando che entrambi avevano tempi che avrebbero permesso loro di essere in finale tranquillamente. Il carabiniere 27enne di Brescia è sicuramente una bella realtà della nostra squadra e quest’anno ha trovato guizzi vincenti in più di un’occasione. Il marinaio 25enne di Verona, uscito dalla 20 in risalita ha avuto un attimo di esitazione che ha pagato con troppo anticipo sulla 22 poi la penalità alla 23, assegnata a posteriori dal Video Judge, è stata una sorpresa per tutti. C’è stata una grande maturazione tecnica da parte dei due azzurri di punta che ora si giocheranno il posto per rappresentare l’Italia alle Olimpiadi ai prossimi Campionati Europei a maggio 2020 sul canale di Londra. Il migliore di loro due andrà a Tokyo. Cresciuto molto anche Marcello Beda sia dal punto di vista tecnico che fisico, un valido inserimento tra i big internazionali con due prove ottime come quelle di Makkleeberg in Coppa e La Seu mondiale.
… prosegue
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