Scavare dentro di sé e didattiche diverse per giovani atleti
Tra una discesa e l'altra, sia alla mattina che al pomeriggio, ho visto in acqua Etienne Daille. Il numero 1 del ranking mondiale in K1 fino a pochi giorni fa, come molti sanno, ha madre praghese e padre francese. I suoi genitori si sono conosciuti alle gare di canoa dove nacque l'amore a prima vista e si sposarono nel 1989 anno in cui Jerome vince la coppa del mondo e nasce Etienne. Il papà, Jerome per l'appunto, era un raffinato pagaiatore di C2 e in coppia con Gilles Lelievre fu uno dei protagonisti in questa specialità dal 1987 al 1995, poi pagaiò ancora due anni con Nil Georgel. La mamma, Michaela Buddeusova, a livello internazionale partecipò ai campionati del mondo di Bourg St. Maurice nel 1987 e alla coppa del mondo l'anno successivo.
Vedere in acqua oggi Etienne mi ha ricordato molto suo papà con cui ho condiviso parecchie gare. Erano gli anni in cui io facevo l'atleta professionista e per i transalpini nutrivamo una sorta di recondita invidia per la loro organizzazione e per il loro grande movimento canoistico.
Etienne è un kappa uno decisamente anomalo rispetto a quelli che possono essere considerati i modelli in questa specialità. Lui usa uno scafo (Winner Pro) progettato dal padre ed è fatto su misura per le caratteristiche del figlio. Diciamo che è molto diverso e richiama molto quelli che erano i C1 di un tempo. Piatto che sta sopra l'acqua considerando anche che Etienne non supera i 65 kg e il suo modo di andare è decisamente spinto al massimo. Lui è uno di quelli che nelle risalite entra diretto e non ci pensa due volte a cacciarsi dentro e uscire con un colpo solo. Questa tecnica gli ha dato sicuramente soddisfazioni in modo particolare nel 2012 quando vinse la coppa del mondo e andò alle olimpiadi ottenendo un 7^ posto. L'anno successivo un calo e quest'anno è rimasto fuori dalla squadra per i campionati del mondo. Al di là di tutto ciò oggi mi ha dato la possibilità di fare alcune considerazioni. L'ho visto allenarsi duramente, provando anche combinazioni decisamente complesse che forse difficilmente si possono trovare in gara, ma utili per allenarsi in situazioni estreme. Ogni tanto propongo ai miei atleti un lavoro che chiamo "impossible moves" una reminiscenza i quando mi allenavo con Bill Endicott e il suo "dream team".
Consisteva per l'appunto in una serie di combinazioni altamente complesse magari di sole due tre porte, ma praticamente impossibili da fare. Se si riuscivano a fare si aumentava la difficoltà visto che non erano più impossibili!
Questo tipo di allenamento è molto utile per sviluppare al massimo le proprie abilità, e cambiare determinati schemi mentali e neuronali.
Mi sono fermato poi ad osservare due gruppi diversi di ragazzini che erano in acqua ad allenarsi. Uno di un club russo e l'altro del club locale. Tutti giovanissimi atleti dai 10 ai 14 anni, ma con due approcci didattici completamente diversi da parte dei loro allenatori. I russi facevano fare una serie di percorsi corti con tanto di tempi e con l'allenatore, munito di megafono, che credo, considerando che il russo ancora non lo comprendo, guidava i ragazzi durante la loro discesa. Alla fine di ogni prova si fermava con ognuno di loro spiegando eventuali errori in maniera molto dettagliata. Il gruppo dei cechi invece era molto libero con tracciati a scendere molto lineari da fare seguendo l'acqua. Due gli aspetti decisamente diversi. I ragazzini e le ragazzine ceche avevano il sorriso stampato in faccia e materiali, come canoe, pagaie e salvagenti adatti alle loro caratteristiche fisiche. I russi invece con visi molto seri e materiali non per tutti ideali.
Bene! Guardando si impara sempre e sarebbe bello tra 15 anni poter capire l'evolversi di questi ragazzi per tirare delle considerazioni. Per il momento mi sono goduto a meditarci sopra.
Occhio all'onda!
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