Donne in canadese la risposta di Fox all'ICF
Richard Fox sulla sinistra in compagnia del tecnico francese Vincent Redon ai campionati del mondo di slalom a Praga - settembre 2013 |
La polemica sulla canadese femminile ai Giochi Olimpici non si ferma. Questa volta ad alimentarla è Richard Fox che scrive all’ICF contestando la scelta dell’organo internazionale sui tempi di inserimento di questa specialità.
Ora dire chi è "Riccardo Volpe" mi sembra decisamente inutile, tutti lo abbiamo amato e preso da modello quando era atleta. L’uomo che segnò un’epoca e fece fare allo slalom un grande salto di qualità per stile e per visione sul futuro del nostro amato sport. Lo abbiamo conosciuto come allenatore, come direttore tecnico per l’Australia, ruolo che ha tutt’ora, poi come vicepresidente ICF e anche come genitore della medaglia d’argento olimpica in k1 donne e campionessa del mondo in C1 agli ultimi campionati del mondo. Quando ci si vede si parla sempre volentieri per confrontarci su vari temi. Uno di questi è per l’appunto la canadese donne sulla quale abbiamo le stesse idee, ma con tempi diversi.
Per la verità il britannico naturalizzato nel continente australe è da tempo che sta spingendo per inserire la canadese nella rosa degli sport a cinque cerchi puntando sul fatto che la canoa ha solo 5 specialità femminili contro le 11 del settore maschile e sul fatto che bisogna dare un segnale di cambiamento per stare al passo con i tempi che cambiano. In relazione a ciò bisogna però dire che il numero di partecipanti donne, confrontato con il numero di partecipanti uomini, è decisamente e notevolmente inferiore. Basta guardare in casa nostra per renderci conto la proporzione che c’è tra uomini e donne. Cosa che riscontro puntualmente qui in Brasile e in varie parti del mondo. Sul secondo punto ci sarebbe molto da discutere perché, secondo il mio umile punto di vista, allo slalom o alla canoa in generale non è cambiando le regole che riusciremo a fare il salto in avanti che tutti noi ci aspettiamo. Restiamo però sul tema!
Fox nella sua lettera attacca l’ICF dicendo che quest’organo internazionale della canoa avrebbe potuto e dovuto appellarsi ad una regola del CIO che è quella della quota neutrale, che dice in sostanza, che ogni sport è abbastanza libero per giocare sulla percentuale di donne e uomini. La proposta chiara di Fox è quindi quella di togliere il C2. Questo però mi sembra molto “unfair” per dirla all’inglese, mentre i latini direbbero “mors tua vita mea” e cioè cacciamo una specialità con 24 atleti con una storia che ha inizio con lo slalom per sostituirli con 16 donne e aprendo alle altre specialità gli 8 posti restanti (di cui 4 donne e 4 uomini). Ripeto: non mi sembra una buona strategia per il nostro sport!
L’ICF dal canto suo si è attenuta a quanto previsto dalla carta olimpica e cioè che eventuali cambiamenti devono essere proposti 7 anni prima, regola questa che forse il nuovo presidente del Cio, Back, vuole togliere.
L’ICF dal canto suo si è attenuta a quanto previsto dalla carta olimpica e cioè che eventuali cambiamenti devono essere proposti 7 anni prima, regola questa che forse il nuovo presidente del Cio, Back, vuole togliere.
Capisco l’interesse personale di Fox , ma a tutto ci deve essere un limite e soprattutto deve essere ben ponderato nel momento in cui un personaggio pubblico del suo calibro interviene in questioni che lo toccano troppo direttamente. Dovrebbe, secondo me, tirarsi fuori dalla partita e lasciare spazio agli altri su questi temi.
In realtà inserendo le donne in canadese fin dalla prossima edizione chi veramente ci guadagnerebbe sarebbe proprio il Team dei canguri, che pur con un parco donne decisamente limitato (la miglior junior ai mondiali di quest’anno è guarda caso un’altra Fox la più giovane e cioè Noemi) riuscirebbe comunque a raddoppiare la partecipazione sia in K1 che in C1, considerando il fatto che le uniche due loro donne di valore possono gareggiare sia in una che nell’altra specialità ad alto livello.
Penso che la strada intrapresa dall’ICF a questo punto è corretta proprio per il fatto che pone obiettivi e modi da seguire per arrivare preparati all’esordio in rosa della canadese olimpica.
Lo stesso avvocato 59enne Thomas Back, pochi giorni fa a Roma, in occasione della sua presenza al congresso dei comitati olimpici europei ha dichiarato:”due cose sono insormontabili - il numero di atleti che possono partecipare e il numero minimo di stadi richiesti alle città organizzatrici, tutto il resto si può discutere” inoltre ha aggiunto: “attualmente abbiamo 28 sport, o meglio, federazioni che prendono parte. Forse non dovremo cancellare discipline per aumentare e mantenere il numero di atleti, ma solo ridurre la quota”. Poi il buon presidente tedesco, dimostrando fin dall'inizio la sua politica e la sua diplomazia, ha rimesso tutto nelle mani del presidente della federazione internazionale tennis, Francesco Ricci Bitti che è anche presidente della ASOIF (Association of Summer Olympic International Federation), una associazione messa in piedi nel 1983 da quel genio che si chiamava Primo Nebiolo, l’uomo che ha fatto fare all’atletica leggera il vero grande salto di qualità... lo avessimo noi un dirigente così!
Occhio all’onda!
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