La nostra luce
San Francesco in una statua molto simpatica nel bairro Morumbi a Foz do Iguaçu |
Si possono fare le cose con amore e si possono fare le cose per routine. Si può prende la mano di una ballerina come se fosse la cosa più preziosa al mondo, ma si può prendere la stessa mano senza sentimento. Si può interpretare la musica con il cuore e si può ballare per mostrare se stessi. Si può comunicare attraverso la gestualità del corpo e si può ignorare chi ci circonda.
Si può mettere in acqua ogni pagaiata con passione, ma si può anche pagaiare svogliatamente. Si può vivere come se fosse l’ultimo giorno che ti rimane, ma si può anche viverlo come magari si sono vissuti altri mille senza energia. A volte siamo presi dalla paura di essere ingurgitati dalla routine che purtroppo è contagiosa verso gli altri. Spaventa, terrorizza. Ma la vita è tutto tranne una ripetizione del giorno precedente. Ogni giorno scopri aspetti che non conoscevi, ogni giorno di per sé è nuovo come se prima non fosse mai esistito nulla. Passi da strade che percorri tutti i giorni e scopri cose nuove. Parli con le persone e magari solo dopo tanto tempo ti accorgi della profondità degli sguardi o delle parole. Ritrovi in loro il tuo entusiasmo o le tue stesse paure. Ritrovi nei loro occhi la voglia di comunicare, di condividere, di vivere vite intense senza la paura del domani. L’eterno dilemma.
Qualche giorno fa sono rimasto a guardare papa Francesco in mezzo alla gente ad Assisi e al di là del semplice fatto di cronaca, non ho potuto non notare come uomini e donne lo cercavano. Il mondo o meglio le persone hanno bisogno sempre di qualcuno che li guidi, che dia loro una via da seguire. Più difficile è ascoltarsi e provare a guidare se stessi, meglio farlo fare ad altri. Questo mi depista non poco anche se amo molto questo papa che sale sull’R4, che non alloggia dove stavano da sempre gli altri papi e che parla con Scalfari liberamente. Eppure questo a qualcuno non va giù.
Mi è piaciuto particolarmente un passo dell’intervista con il famoso editorialista della domenica di Repubblica e il Vescovo di Roma, quando cioè parlano dei mistici. Il papa dice: "Il mistico riesce a spogliarsi del fare, dei fatti, degli obiettivi e perfino della pastoralità missionaria e s’innalza fino a raggiungere la comunione con le Beatitudini. Brevi momenti che però riempiono l’intera vita" e alla successiva domanda del giornalista: "A Lei è mai capitato?"
il papa risponde:
"Raramente. Per esempio quando il Conclave mi elesse Papa. Prima dell’accettazione chiesi di potermi ritirare per qualche minuto nella stanza accanto a quella con il balcone sulla piazza. La mia testa era completamente vuota e una grande ansia mi aveva invaso. Per farla passare e rilassarmi chiusi gli occhi e scomparve ogni pensiero, anche quello di rifiutarmi ad accettare la carica come del resto la procedura liturgica consente. Chiusi gli occhi e non ebbi più alcuna ansia o emotività. Ad un certo punto una grande luce mi invase, durò un attimo ma a me sembrò lunghissimo. Poi la luce si dissipò io m’alzai di scatto e mi diressi nella stanza dove mi attendevano i cardinali e il tavolo su cui era l’atto di accettazione. Lo firmai, il cardinal Camerlengo lo controfirmò e poi sul balcone ci fu l’“Habemus Papam”.
In effetti è proprio questa luce che dobbiamo seguire e che abbiamo la fortuna di aver dentro senza per forza di cose essere papi, re, uomini, donne, potenti o miserabili... Buona domenica a tutti!
Occhio all'onda!
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