"Nessuno può dire in quale città il tango sia nato, Buenos Aires, Rosario o Montevideo, ma tutti sanno in quale via - la via delle prostitute"
Jorge Luis Borges
Era tanto tempo che non viaggiavo senza una canoa e con relativi annessi! Era tanto tempo che non mettevo il mio zaino sulle spalle per camminare sulle strade del mondo senza il patema di allenamenti o gare. Unici mie compagni la macchina fotografica, Guille e ovviamente Amur che, se non presente fisicamente, porto nel cuore e tengo per mano sempre.
A Buenos Aires ho conosciuto tre tipologie di tango, anzi per la precisione, se mi è concessa la catalogazione, mi spingerei ad affermare che in realtà ne ho toccato con mano quattro.
Il primo genere è quello turistico, quello cioè che ti propongono visitando “la Boca”, il bario dove praticamente si dice sia nato questo ballo con tutte le varie influenze migratorie che comunque ci sono state nei primi anni dell‘800. In questo quartiere ti accolgono ballerine e ballerini che dopo essersi esibiti si prestano a farsi fotografare facendo fare alle turiste e ai turisti qualche passo per fermarsi in posizioni plastiche tipiche di questa danza.
A “la Boca” cercano di riproporre i sapori di un tempo tra le case dai colori sgargianti e dai tetti in lamiera. Se poi ci si sposta verso San Telmo, in modo particolare la domenica, riassisti alle stesse sceneggiate tra un bagno di gente che cammina trascinata fuori da un vita che, per molti, quotidianamente è decisamente diversa. Il tango turistico prosegue poi nei ristoranti dove tra una portata e l’altra sei travolto da mini show tangueri tra bandoleoneros che suonano e tangueri che ballano nei loro vestiti di scena. Anche qui certe figure diventano acrobatiche allontanando lo spirito del tango dalla vera origine, dalla vera essenza.
Poi c’è un tango che realmente vivi in qualche Milonga. A me è capitato alla “Confitería Ideal” tra l’Avenida Corrientes e Suipacha a pochi passi dall’obelisco, tanto per intenderci. Lì veramente ti rituffi nel passato. Credo che parte del merito vada certamente all’architettura di un locale molto particolare, ma soprattutto sia da ricercare in alcuni personaggi che incontri sulla pista. Sicuramente degli abitué che devono aver ormai consumato il marmetto rosa di un pavimento che porta le loro impronte. Sono caratteristici, semplici se pur molto eleganti. Le loro dame faticano ad alzarsi dalle seggiole viennesi sulle quali però, lasciano le tante primavere trascorse e, una volta abbracciate al loro leader, sembrano tornare ad un passato fatto di tanti bolèi, ganci e ocho. Sono leggere, nonostante l’età e a volte la stazza. Sono eleganti nei lori vestiti in organza. Sono ancora abili sui loro tacchi. Sono spavalde nei movimenti. Sono forti negli abbracci, ma sono soprattutto sincere negli sguardi languidi ed ancora innamorati verso i loro compagni con i quali probabilmente hanno condiviso una vita, tra gioie e dolori che inevitabilmente comporta l’essere su questo pianeta. Le signore sui tavoli hanno tazze di tè, gli uomini un buon bicchiere di vino, quasi mai birra... appesantisce il movimento! Loro, gli uomini, sono molto premurosi. Gentili nel prendere il soprabito all’amata e nell’aiutarla a indossarlo. Nello scendere la lunga scalinata che ti riporta sul piano della strada si sostengono a vicenda ed escono con il sorriso. Si infilano nella notte e nelle corse delle ultime auto prima che l’alba li catturi sul portone di casa.
L’altra faccia di questo tango è quella incontrata al “El Beso” al 416 di Riobamba una traversa dell’Avenida Corrientes. Per me troppo poco spontanea e sincera. Le luci offuscate, le dame in prima fila ritte senza toccare lo schienale delle loro pur comode poltroncine... se solo si degnassero di appoggiare tutto il loro lato B lo scoprirebbero con piacere! Gli sguardi e gli inviti forzati. La musica decisamente antica, senza il minimo spazio per riuscire a muoversi, tante sono le coppie sempre in pista. E poi quel fermarsi a lungo prima di riprendere a ballare dopo ogni brano. Tutti fermi a chiacchierare con sorrisi falsi, perdendo tempo e musica. L’impressione è brutta fin dall’inizio quando cioè una vecchia maitresse che gestisce i tavoli ti dice dove sederti, riservando a chi fa comodo a lei posti che resteranno a lungo vuoti. No, questo non è il tango che mi ha rapito e che mi dà curiosità, che mi fa sentire partecipe e vivo. Non è il tango che sto cercando di scoprire, quel tango che mi porta a capire dove il movimento può regalare emozioni, gioie, senza dimenticare fatica e dedizione per raggiungere l’obiettivo. Per fortuna che ho trovato sulla mia strada “DNI Tango” una scuola al 1011 di Bulnes che ha dato senso al viaggio e alla lontananza che molte volte, anche senza volerlo, mi aggredisce alle spalle e mi lascia sgomento nel buio della notte o alla luce del sole. Tanto a lei poco importa dove sei, lei è solo dietro all’angolo ad aspettarti.
Per la verità ho avuto una soffiata importante per arrivarci e grazie a Dio che ho chiesto, vero Sabina? altrimenti mi sarei perso nella selva delle offerte che a Buenos Aires certo non mancano, ma che ti possono anche far perdere soldi e tempo.
Ci sono arrivato con molta circospezione, mi sono affacciato e una volta varcata la soglia sono entrato subito in sintonia. Beh! in effetti è facile pagaiare sulla stessa onda quando a guidarti ci sono ragazzi poco più che 25enni che esprimono gioia, freschezza, eleganza e soprattutto passione. Maestri che hanno fatto della danza e del tango la loro vita. Tutto ciò te lo trasmettono attraverso l’insegnamento e soprattutto quando li vedi ballare. Ti basta osservarli per capire che alla base c’è una continua ricerca tra la relazione del movimento naturale del corpo con il movimento del tango. Il loro metodo (TTC acronimo di Tango Technologia Cenceptual) si basa sull’idea che il ballo è comunicazione e il tango è il suo linguaggio che ha una sua struttura e le sue parole hanno a loro volta una sequenza che diventa una preghiera. Il TTC è il suo alfabeto che divide il tango nei suoi elementi più basici e li segmenta per essere studiati.
Detta così è complessa, ma come la esprimono loro la cosa si semplifica. E se non mi inganno credo che siano sulla stessa onda del mitico Graziano Fenzi che ti dice che quando balli è come quando cammini con una donna al tuo fianco: puoi tenere la mano in tasca, puoi abbracciarla, puoi guardarla, puoi relazionarti con lei. Tutto però deve essere estremamente naturale e fluido com’è naturale e bello camminare tenendosi la mano.
C’è un inizio e una fine solo fisica nei viaggi... la mente difficilmente lo capisce!
Occhio all'onda!
“No hay nada imposible, porque los sueños de ayer son las esperanzas de hoy y pueden convertirse en realidad mañana”
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