Mi-Londra!
Tu vai a Londra e ti immagini di ballare il tango con qualche Milady De Winter e magari d’improvviso ti ritrovi in mezzo ad un duello con uno dei miei idoli e cioè il giovane guascone Charles de Blatz de Castelmore - più famoso come d’Artagnan - in trasferta dalla Francia per aiutare la sfortuna regina Costanza che cerca di recuperare il gioiello che aveva regalato al suo amante, il duca di Buckingham, e che ora il suo re, nonché sposo, Luigi XIII, le ha chiesto di indossare per un ricevimento ufficiale. Un treppo messo in piedi per smascherare la nobildonna austriaca che non era simpatica al cardinale Richelieu. Centra poco, ma è venuta così e così resta!
Poi, visto che tutti sanno che sei a Londra, compreso il tuo maestro, ti chiedono come ballano le inglesi. Beh come rispondere? Non è facile saperlo perché di gentil sesso realmente indigeno, nelle mille “Milondre”che ci sono ogni sera da queste parti, se ne vedono ben poche, o meglio, si mimetizzano bene fra le moltissime signore e signorine che popolano questo mondo e che poco hanno di sangue prettamente britannico!
L’imbarazzo della scelta su dove prendere lezione o dove ballare è forte ogni sera nella capitale che conta più di 8 milioni di persone... e te ne accorgi perché ovunque sei c’è gente, giorno e notte. Di “Milondre” ne trovi almeno 4 o 5 sparse nei vari punti cardinali, ma dopo una settimana sto capendo che le più frequentate sono quelle che hanno lo zampino di madame Brigitte. Sì! Avete letto bene si tratta di una francese che molti anni fa ha portato qui il tango direttamente da Parigi. Ebbene la gentil donzella, che ha superato abbondantemente il mezzo secolo di vita, dai tratti tipicamente parigini e con un inglese caratterizzato dalla erre tipicamente transalpina, organizza vari stage con maestri più o meno famosi e in luoghi più o meno belli e molto centrali ai quali fa seguire quasi sempre serate danzanti. Il caso ha voluto che proprio in queste due settimane di mia permanenza in territorio di sua maestà, … ah... dimenticavo: qualche giorno fa qui hanno festeggiato l’anno di matrimonio fra Kate Mddleton e il principe William, si aspetta solo l’erede perché la favola d’amore continua e i giornali impazziscono: l’Europa è in crisi nera e qui se la godono così! Dicevo che il caso ha voluto che i maestri di questo ciclo siano stati Jimena Hoeffner e Juan Stefanide. Bene lo so che a molti questi nomi non dicono forse nulla, ma quando il sottoscritto ha letto il programma sulle pagine di internet, non credeva ai suoi occhi!!! Avevo conosciuto Juan Stefanide ad Atene nel 2007 in una delle mie primissime timide uscite nelle classi di tango in un bar nella magica Glyfada. Quella sera dopo la lezione l’argentino si fermò a parlare molto con me perché sentiva la necessità di fare quatto chiacchiere in spagnolo dopo molto tempo che era fuori dalla sua amata patria. Nacque una sorta di amicizia, mantenuta grazie a Facebook. Poi gli anni passano e… guarda caso chi ti ritrovo da queste parti a fare lezione?!? Quindi non ho perso tempo, anche per cercare di stare al passo della mia amata che tanto brava, leggiadra e ricercata è nel tango, e mi sono lanciato a capofitto.
Quindi al martedì, dopo i due livelli di lezioni, si balla al “Light Bar” in Shoreditch High Street al 233, facile da raggiungere visto che da Liverpool Station si esce, si va a sinistra e dopo cinque minuti di cammino si arriva al pub che ti accoglie in uno stile tipicamente inglese. Musica gestita da Pablo un argentino, ovviamente, che come il nostro Silvio dj del Mascara, si alterna tra la consol e la pista. L’affluenza è massiccia, le luci soffuse e al banco del bar si serve dell’ottima acqua ghiacciata con limone. Bevanda questa molto apprezzata dai veri tangueri. In 4 o 5 tande fai praticamente il giro del mondo. Passi dall’Asia, all’Europa via Americhe in giro di pochi minuti, scoprendo così che le pulzelle arrivano da ogni dove.
Poco funziona l’invito con el cabeceo, vista la ressa di gente e le molte coppie che tardano a partire impalate a parlare... scandaloso se succedesse a Buenos Aires. Quindi bisogna passare alle maniere più decise e l’invito va fatto praticamente a ridosso per riuscire a comprendersi. I primi passi sono per conoscerci e finita la prima musica c’è il tempo per farmi dire che non mi hanno mai visto prima: ovvio visto che è la prima volta che arrivo da queste parti e da ciò deduco invece che loro sono delle abituè. Il mio inglese ovviamente fa capire che non sono londinese e confesso quindi di essere italiano. Per la verità anch’io mi rendo conto di trovarmi a ballare non certo con Milady e azzardo la domanda classica che è Where are You from? che tutto sommato non suona male. Molte mi guardano un pochino strano, quasi dispiaciute e prima di dirmi da dove provengono, mi anticipano dicendo che sono molti anni che vivono a Londra... una sorta di vanto evidentemente. Ci sono molte, moltissime asiatiche che appena porgi loro la mano sinistra si avvinghiano e aspettano il segnale per partire. Serve solo il primo passo, poi al resto ci pensano loro e sembrano prendere in mano la situazione ad ogni mio nuovo accenno di movimento. Sono molto tecniche, prediligono i ganci... ti ritrovi gambe ovunque, poi però c’è da riconoscere uno stile molto pulito se pur, nella maggior parte dei casi molto acrobatico, come è rigido il commiato alla fine della tanda. Non sorridono, sempre molto serie e sono vestite sempre di scuro con gonne corte, ma attillate. Comunque la gonna corta va alla grande qui, beh non siamo mica a Londra per niente Mary Quant è di queste zone evidentemente se ne sentono gli influssi anche nelle Mini-longhe... ahahah!
Capito il trucchetto allora mi diverto e, quando mi fermo a guardare chi balla, cerco di capire da dove possono venire le ballerine, l’occhio, che vuole sempre la sua parte, si sforza e qualche volta ci azzecca. Le russe sono bionde per antonomasia e molto spesso statutarie, ballano un tango appassionato e sorridono spesso e volentieri. Ho ballato con una di loro che aveva un vestitino che se noi lo vedessimo al mercatino del vintage ci chiediamo chi mai potrà indossarlo... la risposta c’è sempre come la soluzione dei problemi! Natascia lavora all’ambasciata ed è nella capitale dell’U-K. da qualche anno ed è qui che ha scoperto il tango. Confessa però che anche a Mosca si sta ingrandendo il movimento per questo ballo argentino ed è sempre più in espansione anche nelle fredde notti moscovite.
Il colmo della danza arriva quando invito a ballare una gentil signora più o meno della mia età. Il suo inglese è comprensibile, quindi non è inglese! Riesco a muovermi in leggerezza e riesco nell’intento di farle fare sia il voleo indietro che avanti. Nella pausa mi chiede se sono spagnolo, no sono italiano ma lavoro in Brasile. La signora mi guarda e mi dice:"ma io sono brasiliana! e sono qui a Londra da un paio di anni per un’azienda import ed export". Cosa importino in Brasile non lo so visto che le tasse superano il 70% del costo effettivo e oltre tutto non hanno bisogno di nulla, considerando il fatto che producono praticamente tutto. Ci salutiamo e mi chiede quando saranno le gare olimpiche per venire a vedere i suoi compaesani.
Bevo un bicchiere di quell’ottima acqua gelata con limone e mi accorgo che c’è la coda per servirsi dalle caraffe sul bancone del bar, praticamente senza camerieri visto che hanno capito che poco si vende da quelle parti. C’è anche chi arriva con i termos o piccoli sandwich e non si fanno problemi a farne uso, senza che nessuno si scandalizzi per tutto ciò.
I "men" però non rinunciano alla birra e se anche guardati con una certa diffidenza dal resto dei tangueri non rinunciano alla loro natura: qui ragazzi bevono da far paura. I pub sono impressionanti e l’altra sera tornando dal “Negracha”, alle 4 della mattina, vedevi gente piegata in due con ambulanze che correvano a destra e a manca per andare a raccogliere i vari zombie sparsi in giro per terra in coma etilico.
Il “Negracha”, è al 4 di Wild Court, ed è un locale che sta andando alla grande. Ci si accede da High Holborn infilandoti dentro una viuzza cieca che ha tanto di misterioso. Non si hanno dubbi che sia lì perché vedi entrare persone con le scarpe sotto il braccio e poi ancora prima di arrivare nella viuzza vieni accolto dalla musica che sprigiona da quel posto.
Accedi ad un mezzanino dove trovi un personaggio piuttosto particolare di colore che perennemente riordina le mille locandine di eventi tangueri. Ti saluta e non aggiunge altro. Scopro che il costo è di 10 pound, lui prende i soldi e continua a non dire nulla. Paghi e puoi entrare in quello che dovrebbe essere un guardaroba per i cappotti, che ahimè si stanno ancora usando da queste parti. Lascio la giacca, nel mio caso, e mi cambio le scarpe per entrare nell’appuntamento tanghero del venerdì sera, super affollato e quasi sempre con performance di artisti che poi il sabato e la domenica tengono stage di approfondimento. Questo fine settimana ho assistito allo show di Eduardo Capussi e Marina Flores che potete vedere qui e qui e diciamo che sono stato particolarmente colpito. Sono però in attesa del giudizio del mitico Fenzi per capirci di più. Siamo, secondo il mio modesto parere da ballerino della domenica pomeriggio, ai confini del tango. Siamo all’esaltazione del gesto che a sua volta è alla ricerca di un’espressione corporale che va oltre al semplice movimento. Bello però cercare di capire che cosa possa spingere le persone a trovare i limiti di ogni cosa. C’è chi lo fa nello sport, chi usa la mente o chi utilizza la musica per trovare nei suoi anfratti sfumature che a noi umanoidi sfuggono e che invece vengono colte ed esaltate da persone che, lavorando assiduamente, riescono ad offrire nuove interpretazioni e spunti di riflessione. Nuove interpretazioni per non fermarsi mai al già visto o al già fatto. Solo così l’uomo è riuscito ad essere quello che è attraverso la curiosità per il limite, per lo sconosciuto. Interessante ed emozionante quando ti trovi a respirare quest’aria ricca di ossigeno puro e che sa diventare stimolo per vivere intensamente la nostra vita.
Il pubblico al "Negracha" è decisamente vario. Ci sono due sale. La più grande al primo piano è molto retrò e la musica è la più classica del tango e tango valz. Una tanda, una cortina, si libera la pista e si riprende. Un piccolo servizio bar offre bevande a 2,50 pound, visto che gli inglesi a quanto pare vogliono tutti i benefici della Comunità Europea, ma si tengono le sterline, la guida a destra e le miglia! Si balla bene se arrivi presto, quindi verso le 22 e non balli più dalle 24 alle 2 di notte. La pista, in queste due ore, pullula di gente come se fossi davanti a Buckingham Palace a sperare che la regina madre si affacci, magari assieme a Kate e al principe William. Rinuncio a ballare, bevo una coca-cola e converso con una anziana signora vestita in modo bizzarro, per la sua età, che mi spiega essere di Tokio ed è a Londra per perfezionare il suo tango. Si fermerà per un paio di mesi e ovviamente mi fa cenno che gradirebbe esercitarsi. Apprezzando la sua buona volontà nell’applicarsi a questa disciplina, come il sottoscritto, non posso esimermi e nella bolgia cerco più che altro di difendere la gentil e piccola signora nipponica da ballerine e ballerini che forse non si rendono conto dell’intasamento e si dimenano come se fossero da soli in mezzo all’oceano in un atollo tutto per loro. Per fortuna che la sofferenza finisce presto, mi congedo con tanto di inchino e mi trasferisco nella sala di sotto. Diciamo che la cosa migliora un pochino per numero di persone presenti anche se lo spazio è più ridotto e l’atmosfera più informale. Qui si spazia su ogni genere di musica che si cerca di adattare comunque all’amato e passionale tango. Approfitto di un tango elettronico per chiedere ad una ragazza vestita di chiaro di ballare. Non perdo tempo, cerco di chiudere gli occhi e mi immagino con Amur a ballare questa nostra musica che entrambi apprezziamo. La ragazza è molto brava e non so se per soggezione o per un complicato meccanismo mentale di autoconvinzione mi rendo conto che è bionda, che è dell’altezza del mio “angelo biondo”, che sta bene in asse e che mi segue e che effettivamente mi sento come se fossi al Mascara avvolto dal calore e dalla gioia di chi sempre è al mio fianco. Tra una musica e l’altra non diciamo nulla, io non voglio spezzare quell’incantesimo che ho creato a chilometri di distanza, lei mi fa solo cenno che c’è molto caldo, come in effetti è, e si prepara per continuare a ballare, nella speranza, almeno da parte mia, di restare su questo genere. Riusciamo a ballare bene ancora con intesa, la cosa mi rallegra e penso che non potrebbe essere diverso visto che sto ballando con Amur!
La musica si interrompe per lasciare spazio a Ruben Sera un maestro di bandoneon che ci allieterà con tre pezzi di cui uno anche cantato dal suonatore argentino. C’è chi muove timidi passi su quelle note struggenti, in molti, me compreso, siamo incantati ad ascoltare e a goderci il momento, per fortuna che ho la mia macchinetta per riprenderlo e per condividerlo con voi.
A spiegarmi che qui non è sempre così è Paola una argentina che avevo conosciuto la sera prima a “Latvia house”, dove insegna una certa Bianca di origini croate avviata al ballo da un amore con un argentino maestro di tango conosciuto in Sicilia, trasferiti poi a Londra per una vita assieme interrotta poi da chissà quali incomprensioni. Paola, l’argentina, mi dice anche che il nonno era di Udine e la mamma francese, ma che vive qui da otto anni ed è frequentatrice delle milondre da solo un anno: “non avevo mai ballato prima - aggiunge - ma ad un certo punto ha sentito dentro di me un chiaro richiamo alla terra d’origine e ho riscoperto il tango dei mie genitori che avevo sempre ignorato e deriso”.
Le ore hanno perso il post meridian ed è tempo di rientrare visto che devo attraversare la città e dal letto mi dividono poco più di 30 miglia che in tempo si traduce in circa 50 minuti... dipenderà dal traffico e dal mio navigatore che come un san Bernardo ha il compito di riportarmi tra le braccia di Morfeo per recuperare le forze spese. Per fortuna che domani non c’è allenamento di buon ora.
Non vi ho parlato di un altro bel locale dove si va a scuola o si va a ballare il mercoledì è cioè il “Dome” che si trova in Junction Road. Facile da raggiungere perché è proprio sopra ad un famoso pub e cioè il Boston Arms.
Anche qui si accede da un portone che non lascia certo intendere che stai per entrare dentro una sorta di vecchio teatro. Fai una rampa di scale sulla destra e dopo aver spinto con forza una porta in legno, ti trovi praticamente nel teatro nel cui perimetro ci sono le sedie e al centro è tutto libero per ballare. Scoprirò di lì a poco che ha un pavimento in legno decisamente scivoloso e che ti permette di far roteare le dame con molta facilità. Il musicalizador, non sta sul palco come al Negracha, ma dove evidentemente un tempo ci stava la macchina da presa per proiettare i film. Il pubblico è veramente, anche qui, molto assortito e invito a ballare una ragazza che penso non arrivi ai 25 anni, ma ha un bel sorriso solare che avevo notato entrando. Meglio eravamo entrati assieme e lei mi aveva fatto diciamo strada per capire dove registrarmi e pagare i 6 pound. Lei è australiana di Sydney, mi mancava qui a Londra l’Oceania danzante, e così mi da’ occasione di farle presente che nella sua città natale avevo ballato l’anno scorso a Five Dock e lei confessa che proprio lì aveva preso le prime lezioni prima di partire per il vecchio continente. Ma il mondo è veramente piccolo e più giri e più si rimpicciolisce tanto più se sei un milonguero!
Anche al Dome trovi, su quello che dovrebbe esser il bancone del bar, caraffe di acqua ghiacciata con fette di limone e che ti fanno apprezzare la semplicità dell’acqua e il suo potere dissetante. Qui è la seconda volta che torno e mi rendo conto che inizio a rivedere le stesse facce che magari ho trovato la sera prima da qualche altra parte, si capisce che alla fine anche a Londra si è formata una sorta di comunità itinerante della notte che ama ballare e scaricare le tensioni della giornata nelle ronde, che guarda caso vanno in senso antiorario. Così rivedo la coreana con cui ho ballato una tanda al Negracha la settimana precedente, l’argentina che ho conosciuto dalla maestra Bianca, e poi tante altre persone con cui non ho ancora avuto modo di ballare o parlare.
Al Dome, essendo a metà della settimana e quindi il giorno successivo si va a lavorare, l’ultima tanda è a pochi minuti dalla mezzanotte. Poco distante da dove sono seduto c’è una signora che mi guarda e sorride e, poiché la sala si sta praticamente svuotando, non posso esimermi dall’esplicito invito. Balliamo l’ultima tanda. Lei è molto brava e mi dice di chiamarsi Ada perché genitori erano amanti dell’Italia che lei conosce molto bene e va sempre a Verona a seguire l’opera. Io la guardo e le faccio presente che guarda caso io sono proprio un veronese DOC! A questo punto il suo inglese si trasforma in un italiano eccellente e il suo sorriso già sincero brilla ancora di più. Mi decanta le bellezze della mia amata Patria, nonché del cibo e del sole, facendomi rimpiangere si tante bellezze. Dallo sgabuzzino esce una voce che annuncia l’ultima canzone. Ada mi chiede se anche in Italia si chiude la serata con la Cumparsita, io rispondo di sì e ne approfittiamo per fare l’ultimo giro a pista praticamente deserta.
Esco dal Dome e mi accorgo che viceversa la strada pullula ancora di gente, mi prendono i crampi per la fame e mi infilo dentro ad un ristorante ancora aperto. Divoro il kebab che, vista l’ora e la fame, prende i connotati di una pietanza eccellente, ingurgito la coca-cola e risalgo in macchina per tornare in albergo. Nel ristorante ormai in chiusura due coppie. Rimango colpito da una di loro, hanno gli occhi lucidi entrambi e sembrano molto tristi, scambiano poche parole e il cibo sul loro tavolo ordinato rimane praticamente intatto. Usciranno prima che io finisca la mia prelibatezza, li guardo e quasi per scusarsi per quelle facce così tristi mi accennano ad un sorry! Non c’è nulla di cui scusarsi, mi dispiace solo per loro, speriamo che la note possa portargli bene.
Lungo il tragitto penso e ripenso alla serata. Cerco di appuntarmi mentalmente ogni piccolo particolare quando la voce del mio fidato GPS mi annuncia: “cambio itinerario” evidentemente ho mancato di svoltare da qualche parte, meglio concentrarsi e seguirlo più attentamente altrimenti rischio di vagare per una Londra sempre più fascinosa, ma anche sempre più complessa da girovagare, con le sue mille viuzze e i suoi sensi unici. In poco meno di 50 minuti mi tuffo nel lettone, crollo letteralmente, ma mi rendo conto, però, che non finisco di ballare... evidentemente la mia mente e la mia anima sono rimaste al Dome per un altro giro infinito di tanghi e mi viene da dire: “provaci ancora ancora Sam”!
c o n t i n u a ... appena ritornerò a Londra e cioè a fine mese!
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