Un pensiero vale mille parole
Si inizia ad aver bisogno della copertina alla notte. La cosa mi rende felice perché si dorme molto bene e si recuperano energie per il giorno successivo. E’ cambiata anche l’ora e viene buio prima. Per la verità non noto molto la differenza.
Ho aperto il mio armadio e ho tirato fuori una splendida, soffice e delicata coperta tigrata. Durante il giorno ovviamente fa da copriletto al mio lettone e dà un non so che di esotico a questa mia stanza che è anche la mia casa, il mio rifugio, il mio ufficio, il mio deposito, il confessionale per i ragazzi, la sala video, la sala riunioni e tanto ancora.
Quando vedo la copertina è automatico pensare ad una mia amica, una tipa speciale, molto particolare, dal sorriso dolce e dalle parole gentili che ama tutto ciò che è “animalier”, sinonimo di passione e desiderio. Lei è più per il leopardato, ma anche il tigrato non è poi così male!
Quando sono a Verona la trovo passeggiando. Meglio: lei passeggia e io sono di corsa, per fare un po’ di movimento fisico. Oppure sfreccio con la bici per mille commissioni che mi ritrovo sempre a fare nei miei passaggi da casa e la incontro in centro accompagnata sempre dal suo sorriso. Mi ferma gesticolando, per attirare la mia attenzione in mezzo al traffico, si beve un caffè velocemente assieme e in cinque minuti ci raccontiamo gli ultimi aggiornamenti sulle nostre rispettive vite. Ci diamo un appuntamento per una cena a casa nostra, ma puntualmente riparto prima di riuscirci. Non ci si vede praticamente mai, ma è come se comunque ci si vedesse sempre. Lei mi bacchetta o mi elogia su qualche mio scritto e mi manda segnali di fumo per farmi partecipe della sua presenza e della sua attenzione costante nel seguire il mio blog mantenendosi sempre molto discreta, piacevole, elegante, ma soprattutto fraterna.
Ha un cane, o meglio, un bassotto, considerando il bassotto non certo della famiglia degli animali e tanto meno dei cani. Il bassotto è il bassotto punto e basta. Lei invece è una bella donna di poco più o poco meno di 50 primavere. Ti affascina il suo sorriso se la vedi e non la conosci, viceversa se la conosci l’ammiri per la sua storia, per la sua vita e apprezzi tutto di lei, anche quell’amore che forse oggi non è più corrisposto se non per obblighi paterni. Passeggia alla mattina relativamente presto lungo l’Adige, un giro rilassante, un giro immersa nei suoi pensieri.
Io l’ho conosciuta come si conoscono le madri dei compagni dei nostri figli e se devo esser sincero è stato un periodo molto bello e spensierato. Comunella tra una decina di genitori fuori dal portone di scuola dei nostri pargoli che puntualmente accompagnavamo. Ci si fermava a scambiare quattro “ciacole” come si dice in dialetto dalle nostre parti. Argomenti vari, sempre molto animati, eravamo tutti presi dai nostri sogni un pochino idealistici, un pochino forse diversi. Ma alla fine ci siamo scoperti essere uguali a chi fuori da quei cancelli ci ha preceduto. Anche noi forse uguali ai nostri genitori, uguali e uniti nelle tristezze e nella gioia del mondo, ma consapevoli di noi stessi. Il rapporto fra noi si rafforzava di giorno in giorno mentre vedevamo, di giorno in giorno, crescere quei bimbi che lasciavamo ogni mattina sul cancello della “scuoletta”, dalle sembianze fiabesche e dal giardino forse troppo piccolo per tutta l’energia che animava quelle mura costruite più di cinquant’anni fa. Poi le cose cambiano, poi la vita piano piano passa e per qualcuno, si ravviva per qualcun altro si fa difficile.
Cosa significherà mai passare il tempo ad inseguire i fantasmi di un amore che non ha conosciuto mezzi termini?
Perché in fondo si ama senza pretendere nulla in cambio. Non è facile accettare tutto ciò rinchiusi nel nostro eterno egoismo e nelle nostra voglia di possedere l’anima altrui. Lei ci è riuscita. Forse per questo la sua serenità è percepibile a pelle e lei è capace di trasmetterla con estrema facilità... bisogna però saperla cogliere.
I suoi cappelli ricci, il suo comportamento, quel suo tenero modo di avvicinarsi alla gente, quel vagare in una città che le appartiene e a cui appartiene. Una storia forse come tante altre, ma esaltata da quattro figli, martoriata dalla perdita di uno di loro per una banalità in una casa di gente per bene. Una storia di cui non l’ho mai sentita parlare, ricordare. Una storia che evidentemente porta dentro sé e che non condivide perché forse condividere significa dissolvere al vento sentimenti, emozioni, ricordi.
Poco importa perché spesso uno sguardo, un pensiero o un piccolo gesto valgono molto di più di mille parole.
Occhio all'onda!
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