71 edizioni del Festival della Canzone Italiana, sicuramente la più speciale

Serena Rossi un sorriso coinvolgente

Che sia stata un’edizione fuori dal comune lo si è capito fin dalla prima serata e dalle prime battute di un Amadeus chiamato a fare i salti mortali per mantenere vivo e piacevole l'interesse di tutti.  Partiamo dall'assenza di pubblico che è stata la vera differenza per l'edizione numero 71 e che ha dato una fisionomia decisamente diversa a tutti e cinque i giorni. 
Una nota subito sulle canzoni che per il novanta per cento hanno tutte lo stesso stile e cioè la fusione di un rap con una melodia che fa cadere la rima sempre allo stesso modo facendone una sorta di pesante e monotono ritornello con la conseguenza che tutti  sembrano essere la riproduzione di un unico clone.

Ci siamo salvati sul filo del rasoio, perché se avessero vinto Fedez e Francesca Michelini, sarebbe stata una vittoria più della Ferragni che, richiamando all’appello i suoi oltre 20 milioni di followers per votare il suo amato, li ha fatti risalire in classifica dopo che erano stati bocciati sia dalla demoscopica che dalla sala stampa e dai maestri d’orchestra. E tutto questo la dice lunga su una vera e sana e competizione non basata sulle qualità e capacità di testi, musiche e cantanti, ma contraffatta dall'influenze dei social! Ai vincitori e cioè i Maneskin è stato permesso tutto e non certo mi riferisco solo al testo di una canzone a cui, anche sforzandosi, si fa fatica a dare un senso.  Turpiloqui e gesti che nulla hanno a che vedere con uno scenario come quello della città dei fiori. Negli anni ’70 era stato fatto  cambiare il titolo alla canzone di Lucio Dalla e Paola Pallottino  da "Gesubambino" a "4 marzo 1943", perché sembrava essere eccessivo dal punto di vista etico e questo  ci fa capire che molte volte l’eleganza, lo stile, il rispetto di luoghi e tradizioni purtroppo sono andati perduti.
 

Mi hanno affascinato  Matilda De Angelis e Serena Rossi. La prima è una attrice bolognese che sa recitare, presentare e, oltre ad essere una bellissima donna, sa cantare no bene, ma benissimo e "Ti lascerò" cantata con il mattatore, ancora una volta, Fiorello ha catturato il cuore e l’anima di tutti. Poi c'è il sorriso, la dolcezza e la presenza della napoletana Serena Rossi che con "A Te" fa emozionare lo stesso "Amedeo", come lo chiama Orietta Berti.

Le emozioni dei ricordi però arrivano ascoltando  Ornella Vanoni, con un look total black e ormai più vicina ai 90 anni che agli 80, ha messo insieme un medley di ricordi e gioie uniche riportandoci al passato con freschezza armonia e classe. A lei aggiungerei Gigliola Cinquetti e la stratosferica Orietta Berti senza tempo e dimensione le uniche che non usano aiuti per l’intonazione. Orietta canta con il cuore e  torna sul palco dell’Ariston 29 anni dopo la sua ultima presenza come concorrente in una edizione caratterizzata dagli under 30! La veste, per la finale, Giuliano Calza il disegnatore del brand di streetwear GDCS che si rivolge soprattutto ad un target di adolescenti. Ma lei l’Orietta nazional-popolare sembra il Divino Otelma e sul palco, dopo la pericolosa esperienza delle prove, ci arriva non dalla fatidica scala centrale, ma direttamente dal retropalco: ad una divinità della canzone italiana si può permettere tutto! Bravissime anche due giornaliste come Barbara Palombelli e specialmente quel  monumento di professionalità che risponde al nome di Giovanna Botteri inviata nei posti più remoti e problemmatici del pianeta per raccontarci storie di vita non sempre facili.  


Va in archivio quindi l’edizione 71 del Festival della Canzone Italiana e già si parla di quella del 2022 che a detta di Fiorello dovrà essere stacolma di pubblico, ma andare malissimo! 

Occhio all’onda!

 

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