Osservare prima regola di un allenatore


Credo che un allenatore o chi opera con i giovani debba raffinare soprattutto  la capacità di osservare i propri atleti. Si capiscono molte cose da come un ragazzo o un atleta si muove nell'acqua o in palestra o nella vita di tutti i giorni. Poi se si passa del tempo assieme la percezione dell'individualità e delle esigenze personali si raffinano e si comprendono meglio con la diretta conseguenza di offrire lavori mirati e specifici in relazione alle diverse esigenze.  Bisogna cioè imparare a leggere i messaggi che riceviamo dagli atleti osservandoli e poi le sensazioni che epidermicamente percepiamo e viviamo ci aiuteranno a completare il tutto. 

Passo molto tempo a guardare i miei atleti senza proferire parola, cerco di approfondire l'osservazione e ogni volta mi concentro su punti diversi per cercare di far quadrare il cerchio. L'espressione del viso durante una discesa ci offre molti spunti di riflessione. La tensione sulle mani pure, la postura ci fa capire l'affaticamento dell'atleta. Da una attenta analisi possiamo capire se la parte inferiore del corpo, nascosta dentro la canoa, lavora spingendo con i piedi oppure no.   Le stesse osservazioni verbali dell'atleta ci danno indicazioni chiare  che dobbiamo saper interpretare per  dargli  il giusto peso.
Ecco perché ho bisogno di condividere la mia vita con chi devo allenare, non posso semplicemente limitarmi a svolgere il mio lavoro su orari prestabiliti o solamente durante i training camp specifici. L'allenamento non ha orari. Un atleta ha una vita con ritmi precisi e ben definiti e su questo non si può transigere.  Una vita che secondo il mio modo di vedere ed allenare va condivisa giorno dopo giorno. Tanto più se non si ha molto tempo per cercare di ottenere dei risultati o per attivare un sistema specifico.

Occhio all'onda!

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