Un oceano verde
Per arrivare a Piraju da Foz do Iguaçu ho navigato in un mare verde seguendo la conformazione del terreno. Niente viadotti. Le colline si seguono fedelmente, si scende e poi si sale repentinamente. I tuoi occhi si perdono nel verde dove si alternano coltivazioni di soia con vigneti, protetti dai teli anti-grandine, frutteti , mais, canne da zucchero e banane. Poi passi qualche città come Cascavel, Maringà, Londrina, Ourinho, velocemente le superi e ritorni ad immergerti nel profondo di questo oceano color smeraldo. Ovunque è coltivato, ovunque tu possa arrivare con la vista è verde. Non si perde neppure lo spazio attorno ad alberi maestosi che fiancheggiano molto spesso il ciglio della strada. Tu osservi sotto e ti accorgi che è sfruttato anche quello spazio, quasi non si volesse perdere nemmeno un metro quadrato di area produttiva. Quasi come se mancasse lo spazio: sembra di essere sul poggiolo della Mariagrazia, mia suocera, che sfrutta ogni centimetro per le sue piante che nel massimo rigoglio si espandono a mo’ di giungla tropicale. Non ti annoi nel viaggio, in strade che molto spesso sono solo con una via per andare e una via per tornare e i camion anche qui sono in gran numero. Non ti annoi perché hai mille cose da guardare che escono dal tuo comune, dalla tua idea degli spazi. Qui ti devi riprogrammare, ridimensionare su un’altra scala. C’è questa morfologia del terreno fatta di tante colline che ti portano a salire e poi a scendere su strade che sembrano essere disegnate da Euclide tanto sono rette. Poi lungo la strada capisci dove vengono utilizzate quelle macchine agricole che vedevo da piccolino alla fiera dell’agricoltura a Verona. Mi chiedevo spesso dove si potessero mai utilizzare mezzi che hanno ruote grandi come camion e bracci lunghi come piscine olimpioniche. La risposta la immaginavo, ma fino ad oggi non mi potevo rendere conto di queste dimensioni, di questi infiniti spazi. E viaggiando vedi questi mostri enormi all’opera che passano per chilometri e chilometri sui raccolti di frumento e quant’altro. Lì in mezzo sembrano formichine intente a procurarsi il cibo per l’inverno.
Lungo la strada, ad interrompere il verde, le cooperative agricole dove evidentemente arrivano i prodotti per essere lavorati o spediti con camion che viaggiano producendo un fumo nero da paura e ad una velocità che difficilmente supera i 60 km all’ora. Il cammino ogni tanto è interrotto da stazioni di controllo della polizia “rodoviaria”. Ti fanno fare una “chicane” tra coni bianchi e arancioni sbiaditi dal sole per ridurre la velocità. Passi così a rallentatore davanti ad una sorta di casello. Poi magari ti fermano per dare una sbirciatina dentro l’auto a seconda di come gira o di cosa ispiri a poliziotti con divise inamidate e con i fucili a pompa.
Dopo poco più di 700 km. arrivi a Piraju una cittadina a quasi 700 metri sul livello del mare caratterizzata dal lago che si è formato dalla diga che ti accoglie all’entrata in città. Giusto a valle c’è un centro sportivo realizzato dalla municipalità con bungalow, campi sportivi; c’è anche lo skate park e ovviamente sul fiume il campo da slalom attrezzato. Noi siamo qui per i campionati nazionali: ultima gara dell’anno, poi qualche giorno di vacanza per festeggiare il Santo Natale e l’anno nuovo e si ripartirà il 5 gennaio con la squadra permanente a Foz do Iguaçu. Obiettivo unico: crescere tecnicamente e fisicamente, creare un gruppo capace di dare vita alla nuova visione dello slalom brasiliano per entrare tra le nazioni che contano a livello mondiale. La sfida in Italia era riuscita, così come in Spagna ora è tempo del Brasile!
Occhio all'onda!
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