Ciao Norbert!
Per molti anni un’immagine ha accompagnato il mio risveglio: aprivo gli occhi e la luce che filtrava dalle tapparelle illuminava un gesto tecnico elegante ed unico come il Duffek stroke interpretato da colui che per molto tempo era diventato il nostro eroe. Una fotografia scattata ai Giochi Olimpici di Monaco ’72 che è entrata nell’immaginario di molti di noi perché ha sempre rappresentato la nostra voglia di essere liberi e spensierati sulla corrente dei nostri fiume. E anche nei momenti più difficili o di stanchezza bastava solo qualche attimo ad ammirare quel poster e… via a scuola e poi di corsa nella vecchia e amata Dogana per emulare chi mi dava il buongiorno!
Poi successe quasi per caso e mi ritrovai ancora giovinetto ed inesperto a pagaiare fianco a fianco con il mio idolo, il protagonista di quella foto che ogni mattina mi ricordava che avevo un sogno da realizzare. Quella fotto rappresentava molto sopratutto per il fatto che la canoa slalom era entrata negli sport olimpici e noi eravamo in attesa che potesse rientrarci ancora.
Lui era Norbert Sattler che arrivò a Verona con un vecchio Ford camperizzato, forse è eccessivo usare questo termine, ma per lui e per tutti noi lo era. Siamo alla fine degli anni ’70 e il campione austriaco cercava qualche luogo invernale leggermente più mite della sua Klagenfurt per fissare delle porte da slalom che non gelassero in ogni istante. Capitò da noi probabilmente per una amicizia che Elena Nuvoloni aveva con Renate Weilguny e che, a sua volta, era compagna di squadra del giovane Norbert e che deve averle detto che nella città di Romeo e Giulietta alla fine non era così male allenarsi visto che lei era venuta per studiare all’università e contemporaneamente per allenarsi. Quell’inverno però non fece sconti e dormire in quel camper era troppo, così, dopo aver chiesto il permesso ovviamente ai miei genitori, lo ospitammo nella nostra casa. Sattler era all’epoca poco più che un ragazzotto, muscoloso come pochi altri, forse arrivava al metro e 70, ma impressionava per quel suo modo di muoversi che, accompagnato da una espressione un po’ burbera, lo rendeva molto particolare. La prima cosa che fece, giunto nella camera che gli aveva ceduto mia sorella, fu togliere il materasso dal letto e metterlo sul pavimento; scusandosi poi tolse anche coperte e lenzuola per dormire nel suo sacco a pelo. Mangiava a colazione quello che noi in tre mangiavamo a pranzo: uova, latte, cereali, biscotti e qualche volta si preparava pure riso e pasta. Poi passava la giornata parcheggiato a lato del canale di allenamento, si allenava, andava in camper riposava, leggeva, mangiava qualche cosa e poi tornava al pomeriggio in canoa con noi che correvamo da lui ancora con la cartella in spalla. Tornavamo al canale e ogni giorno montava qualche porta, ben presto il tratto di acqua si riempì di una ragnatela di fili con l’imbarazzo di scelta su quali combinazioni fare. La sera poi chiedeva di andare in palestra e via, noi con lui. Si fermò più di un mese a Verona e quando la stagione si aprì si trasferì a Valstagna e qui fu ospitato dalla Rita, la mamma di Urbano e Pierpaolo Ferrazzi, e anche lei, persona molto gentile e amabile, rimase sconvolta dalla sua voracità nel cibo, ma anche dalla sua gentilezza e garbatezza. Era difficile convincerlo ad entrare in casa, preferiva restare sul suo camper a concentrarsi per gli allenamenti.
Poi crescemmo e Norbert Sattler entrò in noi come punto di riferimento per quella dedizione e per quella vita che decise di percorrere sui fiumi del mondo cavalcandoli con la sua canoa. Il suo primo mondiale fu quello di Bourg Saint Maurice nel 1969 e la sua ultima apparizione iridata fu ai mondiali di Augsburg nel 1985. Gareggiò ancora l’anno successivo nella Coppa Europa e poi si ritirò dalle competizioni. Intraprese la carriera di allenatore per diversi anni fino ad arrivare ad allenare il Giappone; qui trovò probabilmente il suo primo grande amore e con lei condivise il resto della sua vita tra Klagenfurt e Kobarit in Slovenia sull’amata Soca.
Bill T.William Endicott, in "The ultimate run" lo inserì tra i migliori slalomisti di sempre e con quella sua frase: "I like paddle when the water is brown" entrò definitivamente nell’olimpo dei grandi campioni e degli eroi, perché Norbert era un puro, un uomo tutto d’un pezzo, fedele al suo spirito di pagaiatore libero, una vera e propria icona per noi che ancora oggi ci nutriamo di acqua, onde, porte da slalom e dormiamo ancora con il nostro sacco a pelo!
Occhio all’onda!
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