Abbracci per un domani a cui penseremo poi

 


Del e dal Brasile ci sarebbero da raccontare tante cose, un Paese che affascina dal momento in cui ci si mette piede:  si respira energia in ogni dove anche negli angoli dove sembra che la povertà, come la concepiamo noi, abbia il sopravvento. Ci si potrebbe perdere nello scrivere delle meraviglie della natura e di che cosa essa offre, dall’infinito Oceano che contorna questo Continente  alle sue spiagge, piene di vita gioiose e colorate. Si potrebbe scrivere dei monoliti simboli di Rio, come la Pedra da Gávea o del Pão de Açúcar che incantano per maestosità ed incredulità. Per tutto questo però ci sono splendidi reportage e tante persone, più brave di me, a raccontare tutto ciò. Posso però testimoniare e trasmettere la forza e l’energia che  questa parte di  mondo regala per la  sua semplicità e per una   quotidianità semplice, ma sempre diversa ed energica.  Tutto questo arriva  dai  sorrisi della gente che ti mettono a tuo agio, dai  « batti cinque » del ragazzo che vive sulla strada e che incontriamo ogni giorno andando in palestra e sempre su quell’asfalto all’ombra di un arbusto sfoggia un sorriso così radiante da far passare in secondo piano tutte le disavventure che deve aver vissuto e che continua a vivere. Ci sono poi i lunghi discorsi che i tassisti fanno con noi nell’accompagnarci al campo di allenamento e che sembrano ogni giorno sempre più coloriti e che entrano in noi come se fossimo di famiglia che ti fanno sorridere e ti mettono di buon umore se mai non lo fossi. Non ne fanno un dramma se per caso ti raccontano di essere stati più volte assaltati, ma che alla fine ti spiegano che gli assalitori hanno pure pagato la corsa che li ha trasportati fino a lì. Ci sono poi quelle manifestazioni di calore con salti e slinguazzate  di gioia dei due bastardini Jo e Bananino che ci accolgono tutti i giorni alle prime luci dell’alba in un impianto che porta con sé per me più ricordi che anni di vita. Ci sono ancora gli sguardi degli atleti che ti penetrano come se stessero per vedere  l’Aparecida, conditi dagli abbracci delle persone che quando si incontrano sembrano che si salutino per l’ultima volta. Le strette di mano, che sono tornate dopo anni di pandemia, sono forti e poderose unite da una reciproca battuta sulle spalle con la mano libera. Una serie di gesti, movenze, sguardi, parole che ti assale con la forza dirompente e che non può lasciare nessuno indifferente. Sarebbe scontato poi dire di essere felice nel poter lavorare quotidianamente in un impianto che ha ospitato i Giochi Olimpici   e che ti permette di concretizzare ogni idea che ti passa per la mente per il bene dei tuoi atleti. La monotonia, che a volte potrebbe prendere il sopravvento,  è uno stato sconosciuto da queste parte perché è impossibile incapparci dentro viste le mille sfumature che in ogni allenamento emergono, forti e chiari i segnali  che arrivano da ogni pagaiata e che danno sempre spunti nuovi su cui approfondire ogni dettaglio. Aspetti interessanti che ti regalano energia e gioia di lavorare in un progetto che sta a cuore a tanti e che finalizza  anni di impegno e di passione. A tutto ciò mettiamoci pure la musica che racconta la gente, la storia antica e attuale di un popolo e che invade ogni punto di agglomerazione che sia a rua, á plaia, a igresia, o carro, o ônibus, con la sua gioia di vivere giorno per giorno senza farsi tante domande, ma comunque vivere e vivere intensamente per un domani che forse non ci sarà, ma che comunque ci penseremo poi!

Occhio all’onda! 

 


 

 

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