Funk un oro nel Kayak donne che non ci regala grandi emozioni

Il podio del kayak slalom donne alle Olimpiadi di Tokyo 2020(1)
 Il tempo, per il kayak donne, si è fermato a Londra 2012! È infatti da allora e per ben tre edizioni olimpiche che sul podio, scambiandosi collocazione, ci sono sempre e solo loro due: Maialen Chourraut e Jessica Fox, tutte le altre  si sono  alternate iniziando da Emilie Fer, Lukas Jones e Ricarda Funk. Quest’ultima vince a Tokyo una gara dove tutto le gira per il verso giusto, non che non se lo meritasse visto il suo potenziale e le sue abilità di scorrimento, ma certo è che una mano per raggiungere il titolo olimpico gliela hanno data tante sue colleghe che si sono impegnate a sbagliare più del dovuto. E per questo inizierei proprio da Stefanie Horn che lascia una medaglia per pochi centesimi e peggio ancora mettendo a rischio tutta la finale con un tocco alla porta numero 2, ma l’italiana è stata brava a mantenere calma e concentrazione e trasformare un elemento negativo in positivo. Così aggressiva non l’avevo mai vista, la Stefy nazionale, per il momento unica e concreta realtà italiana in un panorama di giovani in crescita che, se pur talentuose,  hanno bisogno di fare esperienza e passare tante, tante ore in mezzo alle porte per arrivare ai suoi livelli. Chi veramente ha permesso l’impresa della conquista dell’oro alla tedesca, che così riporta a casa il titolo che fu già di Elisabeth Micheler nel 1992, è stata Jessica Fox che ha fatto il bello e il brutto in una gara, quella della finale del Kayak donne, che ha messo in evidenza il fatto che fino all’ultima porta nulla è deciso. Se nel calcio si dice che la palla è rotonda, nella canoa slalom bisogna sottolineare che l’acqua non perdona neppure una campionessa che ha dato a questo sport una vera spinta grazie alla sua innata classe e simpatia. Jessica in finale parte per ultima, tocca la porta 4 in risalita, ma la cosa non scalfisce la figlia della Volpe, anzi la barca letteralmente inizia a  volare. Tutti siamo convinti, guardando la sua pagaiata agile e sicura, che è in corsa per una medaglia sicura. Poi arriva alla risalita 24, quella che è costata l’eliminazione dalla finale ad Ana Satila che veniva data in gran forma, e lì prima bisticcia con l’acqua che le frena l’entrata, poi, non contenta, tocca in uscita il palino interno; nonostante tutto ciò è ancora per due decimi davanti all’italiana che, in attesa nell’area "kiss  and cry", stava per vedere concretizzarsi un grande sogno. Jessica Fox però non lascia più nulla e si piazza sul gradino più basso del podio, ma sempre podio è.

Negli occhi, che tanto ricordano quelli del babbo Richard, si nota un impercettibile velo umido e un raggio di rabbia per la grandissima occasione lasciata a quell’ultima  maledetta risalita.  "La rabbia è una follia momentanea, quindi controlla questa passione altrimenti lei controllerà te" diceva il grande Omero e Jessica lo sa bene, torna immediatamente il suo sorriso e con uno stile che da sempre la contraddistingue si congratula con chi ha saputo fare meglio di lei e cioè Ricarda Funk e Mailen Chourraut.

Chi ha fatto un’impresa impressionante è quest’ultima atleta che in tre edizioni ha collezionato  bronzo, oro e argento a cinque cerchi. A 38 anni e dopo un paio di anni passati a decidere con quale barca sarebbe stato meglio gareggiare a Tokyo, ha disputato una discesa di finale come aveva programmata da tempo con il suo allenatore e suo compagno di vita,  Xabi Echaniz: era importante non sbagliare nulla e, soprattutto, pur sapendo di non essere così veloce come le sue avversarie più accreditate, non fosse altro per l’anagrafica, sapere esprimere quello che lei sa far meglio, cioè far correre la canoa, anche con linee più aperte, ma con la scorrevolezza che solo lei sa dare.  Certo una grossa mano è arrivato dalle avversarie come Fox, Horn e io aggiungerei pure la polacca Klaudia Zwolinska che con il suo 104.98 ha fatto tremare tutti e che, se non fosse stato per i tocchi di troppo,  sul podio oggi sarebbe salita pure lei.
Una riflessione tecnica  però bisogna pure farla perché  la gara è stata sicuramente sotto le aspettative, non fosse altro per l’esclusione dalla finale della campionessa del mondo Eva Tercelj e di Katerina Kudejova che sono state travolte da onde e riccioli del Kasai Canoa Slalom Center di Tokyo. I distacchi e le percentuali dal vincitore della canadese monoposto poi sono troppo elevati per parlare di grandi prestazioni, ma le Olimpiadi sono gare a sé e per questo devono essere prese. Per fortuna però che la finale della Canadese femminile di oggi ci ha regalato emozioni infinite, ma di questo parleremo nel prossimo post!

Occhio all’onda!  

 


 

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